«Torno per dire che Napoli non è ’na carta sporca»


 

Il cofanetto antologico il tour al via dal San Paolo la dedica all’amico Troisi E il progetto internazionale

«Il feeling è sicuro/ quello non se ne va/, lo butti fuori ogni momento/ è tutta la tua vita». I neri a metà, i lazzari felici, gli uomini in blues sono tornati, tutti insieme, e anche di più. Sul palco del The Place, il club romano che ospita il lancio di «Ricomincio da 30», ed in diretta con Fiorello su «Viva Radio2», Pino Daniele non ha riunito solo il suo mitico supergruppo con Tullio De Piscopo, James Senese, Tony Esposito, Rino Zurzolo e Joe Amoruso. Il primo amarcord, «A testa in giù» appunto, ritrova Ernestino Vitolo, Gigi De Rienzo e Agostino Marangolo. L’ultimo, «Napule è», schiera Alfredo Golino, Gianluca Podio, Fabio Massimo Colasanti e Juan Carlos Albelo Zamora. Un cofanetto antologico con 3 cd e 45 canzoni, di cui 4 inedite e 18 riarrangiate. Un tour con tre band sul palco, più ospiti: Giorgia e Chiara Civello certe per Napoli, si parla di Al Jarreau, George Benson, John McLaughlin, Zucchero. Un’operazione kolossal, Pino? «Non capita tutti i giorni di festeggiare trent’anni di carriera e, poi, c’è il momento che vive la mia città. Forse dovevamo rimetterci insieme prima, confesso il mio rimpianto, ma ora l’evento musicale diventa testimonianza civile: quello che il gruppo con Tullio, James e gli altri ha fatto, a Napoli e in Italia, in quel 1981, è ricordato da tanti con affetto. Torniamo anche per dire che Napoli non è una carta sporca, che non aspettiamo ’a sciorta, oggi come allora. Non si possono cancellare i miglioramenti fatti dal 1981, né negare il delirio in cui siamo piombati. Ma Napoli resta capitale di cultura, munnezza e camorra non possono metterlo in secondo piano». Ma le carte sporche sono diventate un mare di spazzatura. «Berlusconi dice di volersi occupare della città: lo prendo in parola, non cerco scontri ideologici. Il premier lavori con Bassolino e il commissario straordinario: il governatore sono anni che chiede leggi speciali. Sono al suo fianco, ha fatto bene a non dimettersi: i vigliacchi scappano, lui ha fatto tanto per la città, anche se negli ultimi tempi è sembrato avere le mani legate. Succede». Anche ai mascalzoni latini? «Certo. Questo cofanetto è dedicato a Troisi: per pudore non parlo volentieri dell’amicizia e dell’affetto che ci legava. Ma lavorando a questo progetto ho capito che quando è mancato lui è mancata anche una parte di me. Da solo è stato più difficile lottare contro i mulini a vento». Eppure «Anema e core», uno degli inediti e primo singolo, dice: «Se la mia fede è solo in quello che si vede, forse i miei sogni nessuno mai li fermerà». «Il mondo non va nella direzione che sognavo da ragazzo, quando inseguivo la rivoluzione. Ma io sogno ancora, nonostante tutto». Preoccupazioni? «Sono allarmato. ”Gomorra” è un libro importan te e sono sicuro che lo sarà anche il film di Garrone, come ”Il divo” di Sorrentino. Ma mi fa paura che l’Italia a Cannes sia rappresentata solo così: a Napoli non siamo tutti camorristi, l’Italia non è Andreotti. È un problema di immagine, è come se l’America fosse solo quella di ”Fahrenheit 9/11” di Moore». Veniamo al tour «Vai mò 2008»: partenza l’8 luglio dal San Paolo, prima replica l’11 luglio a Roma, Capannelle, ultima il 21 settembre al Palasharp di Milano. Che show sarà? «Ho organizzato tutto per quei primi secondi nello stadio, a casa mia. Un’emozione che spero di saper restituire. A Napoli, e in tutte le date in cui sarà possibile, userò la band con Vitolo e Di Rienzo per le prime cose, il supergruppo per i brani dopo ”Nero a metà”, e la terza formazione con Podio per le cose più recenti. Al San Paolo registreremo un dvd, che uscirà a Natale: di quel famoso concerto del 19 settembre 1981 in piazza del Plebiscito non esiste nemmeno un filmato». Com’è andata la reunion? «Meglio del previsto, non è una cosa nostalgica. Quei musicisti rappresentano una parte importante della mia vita e non solo musicalmente parlando. Abbiamo la melodia napoletana nel sangue, appena ci ritroviamo ricominciamo a parlare, forse anche a suonare, in dialetto». Non sarà un limite nell’Italia della Lega che vince? «No, l’italiano a volte è un limite. Con Humberto Gatica e Tony Renis canterò le mie cose in inglese e spagnolo per il mercato internazionale, ma per adesso dal San Paolo parte una carovana che vuole dare un’immagine vincente del Sud». La causa con Bossi, intanto, è finita male. «Mi hanno condannato e ho pagato. Io sono sempre quello di ”’O scarrafone”, che cantava ”questa Lega è una vergogna” quando loro volevano dividere il Paese, non sono cambiato, loro spero di sì. Calderoli ha persino chiesto scusa alla Libia, perché non confrontarci? Gli artisti non hanno bisogno della destra, né della sinistra, ma il Paese ha bisogno della politica. Per Napoli sono pronto a incontrare chiunque di questo governo, ammesso che serva».

 

 

Il futuro antico dei lazzari felici

Gli intarsi spagnoli di Di Meola tra inediti e hit vestiti di nuovo

DALL’INVIATO Roma. Discutere sull’esclusione o l’inclusione di questo o quel brano è  davvero fuori luogo. «Ricomincio da 30» è molto di più di un’antologia di Pino Daniele con inediti, come si usa adesso, molto più di una madeleine proustiana, di un batticuore da nostalgia canaglia. «A testa in giù», «Quanno chiove», «I say i’ sto ccà», «Je sto vicino a te» e «Lazzari felici» sono schegge di passato che non passa, di futuro che ti tieni stretto. Malata di saudade vesuviana, «Napule è» si appoggia al pianoforte di Rita Marcotulli. I musicisti sono (quasi tutti) quelli di ieri, le canzoni pure, ma cambiano veste, eleganti senza tradire la veracità originale grazie al tocco produttivo di Humberto Gatica, uno che ha lavorato con la Dion, la Streisand, la Turner, Bublè. L’implacabilità ritmica di De Piscopo e il contrabbasso che canta di Zurzolo sono al centro dell’operazione. «Appocundria» è una intarsio iberico cesellato dalla chitarra di Al Di Meola, che torna in «Viento», di jazz latino sa anche «’Na tazzulella ’e caffè». «Alleria» diventa un blues nella mani di Amoruso, «Donna Cuncetta» è una perla spagnola, in «Chi tene ’o mare» Senese reinventa uno dei suoi assoli più riusciti. Per «Terra mia»  basta una voce, una chitarra che sembra un mandol ino e il colore delle percussioni di Esposito. Tra gli inediti, con il singolo trainante «Anema e core», ci sono «L’ironia di sempre» che fa fare bella figura alla voce bluesy di Chiara Civello, «’O munn’ va» (dal film di Siani) già candidata al Nastro d’argento, e «Acqua ’e rose», un cameo d’antica scuola napoletana, un’addolorata ballata mediterranea. Poche parole («ne farei a meno»), ma in dialetto, per arrivare più vicino al cuore dei lazzari felici che ancora hanno voglia di canzoni-emozioni, di «questa musica che è mariuola». Trent’anni dopo e più (il primo 45 è del ’76, il primo album del ’77) Napule è ancora Pino Daniele.

 

 

di Federico Vacalebre

Informazioni su Giorgio

Informatico / "PinoDanielomane" / appassionato di musica

Pubblicato il 13/05/2008 su Interviste, Musica, Notizie, Tour. Aggiungi ai preferiti il collegamento . 1 Commento.

  1. PinoDaniele non è solo un grande cantante, ma è un grande.
    Poi ci sono espressioni bellissime in queste interviste, del tipo:

    appena ci ritroviamo ricominciamo a parlare, forse anche a suonare, in dialetto

    "Mi piace"

Lascia un commento