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Marcotulli, l’omaggio a Pino è jazz

      (8 aprile 2016)

La pianista ha registrato un album rileggendo il canzoniere di Daniele: con lei la De Vito

 

Foto di Paolo Soriani

 

Com’era inevitabile, gli omaggi a Pino Daniele si moltiplicano non solo sul fronte cantautorale, anzi è – inevitabilmente – il mondo del jazz ad osare di più. Come dimostra «A Pino», cd appena registrato, e presentato dal vivo in anteprima lunedì scorso alla Casa del Jazz (in platea anche Alessandro Daniele, figlio del musicista e responsabile della fondazione di famiglia) da Rita Marcotulli, che fu a lungo collaboratrice del Nero a Metà: «Lo conobbi nel 1990, con Maria Pia De Vito andammo a casa sua e gli facemmo ascoltare le cose che stavamo facendo, lui era curiosissimo in fatto di musica, voleva sempre capire, vedere che cosa si stava movendo, immaginare il futuro. Poi iniziammo a lavorare insieme, per me fu una delle esperienze più importanti che abbia mai fatto».

Maria Pia, signora napoletana del jazz italiano, naturalmente è parte dell’operazione: «È forte in me il rimpianto di non aver mai davvero lavorato con Pino. Ci siamo conosciuti e sfiorati professionalmente, ho messo la voce in un suo disco, avevamo pensato di fare cose insieme, ma… Il giorno che è scomparso mi è caduto il mondo in testa, mi sono sentita afona, c’è voluto tempo perché accettassi che l’unico modo per cantarlo ormai era farlo senza di lui», racconta lei, orgogliosa di essere stata chiamata all’Opéra di Lione dal 27 al 30 aprile per un progetto «Carta Bianca»: «È un grande apprezzamento e riconoscimento della mia visione e ricerca musicale, nei suoi aspetti variegati e nelle sfumature più lontane, mi hanno dato, appunto, carta bianca per presentare me e i miei progetti: “The circle”, “Re:song”, “Fun!” “Traces” e “Sarau sul Vesuvio” con sei grandi artisti che rispecchiano una parte del mio attuale percorso creativo: Jim Black, Benoit Delbecq, Michele Rabbia, Huw Warren, Gabriele Mirabassi e Roberto Taufic».

In «A Pino» la De Vito si è misurata, come fece l’estate scorsa sul Vesuvio con Rava e lo stesso Taufic, con «Lazzari felici». «Il resto del repertorio è , tranne una breve introduzione, strumentale. Daniele ha scritto versi strepitosi, ma non bisogna mai sottovalutare il musicista, innamorato della nostra tradizione come del rock, del jazz, del blues, del funky, dei suoni arabi o brasiliani. Quando cantava “Napule è” diceva di una Napoli città aperta».
La Marcotulli ha riunito per tre giorni in sala di registrazione un manipolo di musicisti come Tore Brunborg al sax, il beneventano Luca Aquino alla tromba (che subito dopo il concerto romano è scappato all’Olympia dove lo attendevano Sting e Manu Katche), il vietmamita Nguyên Lê alla chitarra, Matthew Garrison al basso, Alessandro Paternesi alla batteria e Michele Rabbia: «Lavorare con Pino è stata una lezione di vita e di musica: era un uomo schivo, dotato di humour e intuito, oltre che un artista capace di inventare un suono e uno stile, di sperimentare senza perdere il contatto con il grande pubblico, di fare canzone d’autore senza che i testi uccidessero le melodie. Non si è mai fermato, ha cercato per tutta la sua vita, a volte trovando e a volte perdendosi, ma sempre convinto di non doversi ripetere, di non doversi fermare. Ha scritto cose meravigliose, e non solo nei suoi primi album, in perle come “Nero a metà” a cui siamo tutti così affezionati».

E chissà che un altro omaggio live non arrivi stasera da Alphonso Johnson, mitico bassista dei Weather Report pre-Pastorius e storico collaboratore del Mascalzone Latino, che accompagnò dal vivo, ma soprattutto in un album capolavoro come «Bella ‘mbriana», impreziosito, tra l’altro, dal suo assolo in «I got the blues»: virtuoso dello stick, si esibirà al Sea Legend di Pozzuoli con Adriano Molinari alla batteria e Frank Ricci alla chitarra.

Diffida di tributi e dediche, invece, l’antico amico James Senese, che annuncia per il 29 aprile l’uscita del suo nuovo album, «’O sanghe»: «Siamo cresciuti insieme, ma ricordarlo non vuol dire sfruttare la sua immagine. Dovrebbero vergognarsi tutti quei musicisti che lo fanno».

 

 

di Federico Vacalebre

Pino Daniele, ecco il museo virtuale

Quasi finiti i lavori all’Hotel de Londres, manca solo l’ologramma del Nero a metà

 

 

L’inaugurazione potrebbe slittare dopo il 19 marzo, giorno in cui il Nero a metà avrebbe festeggiato il suo sessantunesimo compleanno-onomastico, magari sognando la presenza del presidente della Repubblica. Ma al Grand Hotel de Londres i lavori sono a buon punto: gli ampi locali fronte piazza Municipio sembrano Ok, come anche quelli su via de Pretis, ingresso ufficiale del Museo della Pace, creatura dell’architetto Michele Capasso, che ospiterà anche, se non soprattutto, Pino Daniele Alive, mostra stabile curata e voluta dalla Fondazione Pino Daniele. Un intero piano del palazzo progettato dall’architetto Giovan Battista Comencini e finito nel 1899, primo esempio cittadino importante di art nouveau, sarà dedicato al racconto dell’arte del bluesman partenopeo: «Nulla di museale, anche se di un museo si tratta, e stabile, visto che abbiamo la prenotazione delle sale per i prossimi 99 anni», racconta Alessandro Daniele, che nei giorni scorsi ha rotto l’abituale riserbo mostrandosi su Facebook mentre selezionava, con Giorgio Verdelli, i materiali video da passare al montaggio. Con il figlio-manager del Mascalzone latino sta lavorando anche Sergio Pappalettera, grafico dietro tante copertine del cantautore, che firmerà l’allestimento. «Le stanze diventano luoghi vivi in cui immergersi, in cui nuove tecnologie creano ambienti sinestetici ed emozionali Elementi acustici, visivi ed emotivi», spiegano: «Figure, forme e colori che rimandano alle contaminazioni musicali e culturali che hanno segnato l’itinerario artistico di Pino Daniele».

È pronta, la si vede parzialmente anche in fotografia, insieme a parte della piantina dell’esposizione, la ricostruzione – persino la tappezzeria è quella originale – dello studio del Lazzaro felice, manca solo l’ologramma che ce lo mostrerà suonare di nuovo una delle sue amatissime chitarre.Ogni stanza un tema o un momento della carriera dell’Uomo in blues, dai suoi concerti alla sua Africa e comunque alla sua apertura alle musiche del mondo, alla passione madrigalista per Gesualdo da Venosa. Memorabilia, oggetti storici, foto d’autore e tanti video touch screen per immergersi nell’arte, la vita, i suoni dell’artista di «Napule è».Nel resto del palazzo si estenderà il vero e proprio Museo della pace, anch’esso largamente centrato sulla multimedialità e l’interattività, con percorsi diversi vicini agli interessi della Fondazione Mediterraneo di cui è diretta emanazione: si va dal Mediterraneo delle emozioni, con particolare attenzione alle grandi bellezze della Campania, al Mediterraneo della luce, zoom sull’architettura. E, ancora: il Mediterraneo della creatività, con diverse esposizioni artistiche, e il Mediterraneo dei mestieri, che tiene insieme i presepi partenopei con l’artigianato di Algeria, Egitto, Marocco, Tunisia, Turchia. L’abbraccio di terre così vicine e a volte purtroppo drammaticamente così lontane riguarda anche la musica con una sala in cui potranno risuonare, con la canzone napoletana, echi di fado, flamenco, sirtaki, suoni maluf. Negli itinerari voluti da Capasso ci saranno anche quelli dedicati alle «Voci dei migranti», a «Un mare tre fedi», alle storie esemplari di uomini di pace come Winston Churchill, don Giuseppe Diana e Angelo Vassallo.Intanto, spunta una nuova registrazione inedita di Daniele, divisa con l’amico Ron sulle note di «Non abbiam bisogno di parole» che sarà contenuta in «La forza di dire sì», doppio cd di duetti del cantautore in uscita l’11 marzo per raccogliere fondi per l’ Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica. Tra gli altri artisti coinvolti nel progetto: Lucio Dalla, Loredana Berté, Jovanotti, Malika Ayane, Elio e le Storie Tese, Marco Mengoni, Francesco De Gregori, Gigi D’Alessio, Giuliano Sangiorgi.

 

 

di Federico Vacalebre

“Tracce Di Libertà”, la recensione di Blogfoolk

 

 

E’ passato poco meno di un anno dalla prematura scomparsa di Pino Daniele ed in questi mesi sono state diverse le iniziative volte a celebrare la sua musica, a partire dallo splendido disco dal vivo postumo “Nero A Metà Live. Il Concerto”, passando per l’istituzione della Fondazione voluta dai suoi familiari, fino alla nascente mostra permanente che vedrà la luce all’interno del Mamt di Napoli. In questo contesto si inserisce anche la pubblicazione del cofanetto “Tracce di Libertà”, che raccoglie i primi tre dischi di Pino Daniele “Terra Mia” del 1977, “Pino Daniele” del 1979 e “Nero a Metà” del 1980, proposti in due versioni una Deluxe Edition contenente tre cd, e una Super Deluxe Edition dedicata ai completisti, che raccoglie in sei dischi il work in progress di ogni album con i relativi demo e brani inediti (tra cui “Napule se scet’ sotto ‘o sole”, “Mannaggia ‘a morte”, “Stappi-stopotà”, “Figliemo è nu buono guaglione”, “Na voglia ‘e jastemmà” ed un brano strumentale senza titolo). Riascoltare in sequenza questi tre splendidi album è l’occasione per fare un salto indietro nel tempo, e ripercorrere un momento straordinario non solo della vita artistica di Pino Daniele ma anche della scena musicale Napoletana. Torniamo indietro, dunque, al 1977. E’ in quell’anno che, mentre la storia d’Italia viene segnata in modo indelebile dalle Brigate Rosse, dalla strategia della tensione e dagli scontri in piazza, un giovane cantautore napoletano di belle speranze si affaccia al mercato discografico con “Terra Mia”. E’ Pino Daniele ed alle spalle ha una solida esperienza maturata con il gruppo jazz-rock Batracomiomachia al fianco di Enzo Avitabile, ha suonato come bassista nei Napoli Centrale di James Senese, e come chitarrista nel disco solista di Mario Musella e in “Suspiro” dei Sain Just di Jenny Sorrenti, ma soprattutto solo un anno prima ha rinunciato a partecipare al concorso per assistente di volo dell’Alitalia, preferendo un provino con la casa discografica che avrebbe stampato il suo primo disco. 

“Terra Mia” ha preso vita a Roma nello Studio Quattro Uno di proprietà di Claudio Mattone, e complici di quel giovane cantautore è il meglio della scena musicale di Napoli, Rino Zurzolo al basso, Ernesto Vitolo alle tastiere, Rosario Jermano alla batteria e alle percussioni, ed Enzo Avitabile ai fiati. Nell’intreccio tra la tradizione musicale napoletana con il jazz, il blues e il funk d’oltreoceano è racchiusa tutta l’esplosività del Neapolitan Power, un sound in nuce già presente nei dischi degli Showmen e dei Napoli Centrale ma che Pino Daniele esalta con il suo background musicale impastato nei dischi di Elvis Presley e di Eric Clapton. Nonostante il successo di “Napule è” e “Na Tazzulella ‘e Cafè”, subito segnalatesi tra i brani più gettonati di “Alto Gradimento”, il disco vende poche migliaia di copie, ma quell’album lascia un segno indelebile. “Terra Mia” è, infatti, un’ istantanea sonora che ritrae Napoli in tutta la sua complessità, nelle sue contraddizioni, nelle sue ferite, raccontando le storie e le inquietudini della sua gente. Tutto ciò emerge in brani come le struggenti “Napule è”, “Terra Mia” e “Cammina Cammina”, le pungenti “’Na Tazzulella ‘e cafè” e “Ce stà chi ce pensa”, o ancora in “Suonno D’Ajere”, “Che Calore” e “Fortunato” che riascoltate oggi conservano intatta tutta la loro poesia. A fornirci però il quadro completo della vulcanica ispirazione che animava Pino Daniele è l’ascolto dei demo inediti di “Terra Mia”, “Che Calore” e “Chi Po Dicere” e la versione alternativa di “Saglie, Saglie”, quattro esempi importanti di quale fu l’approccio alla registrazione del suo disco di debutto, una ricerca musicale a tutto tondo da Napoli agli States. Il secondo disco “Pino Daniele” del 1979 ci presenta il cantautore napoletano in piena fase di maturazione artistica, sempre più cosciente dei suoi mezzi e senza dubbio forte della stessa squadra di musicisti che lo aveva accompagnato nel primo disco e poi anche sul palco. In studio il disco prende vita in modo quasi naturale, e nell’ispirazione di Pino Daniele la lava del Vusuvio comincia a farsi bagnare con maggior decisione dalle acque del Mississippi. 

 

Solo in apparenza è però un disco di transizione perché nei suoi solchi sono racchiusi brani straordinari come la canzone d’amore “Je Sto Vicino A Te”, la splendida “Chi Tene ‘o Mare”, e “Je so’ pazzo” che diventerà negl’anni uno dei suoi brani più famosi, allo stesso modo non mancano vere perle come il ritratto “Donna Cuncetta”, la malinconica “Putesse Essere Allero. Anche in questo caso illuminanti sono i brani inediti posti a corredo del disco come i bozzetti iniziali di “Basta ‘na jurnate e sole” e “Chillo è nu buono guaglione”, che ci conducono nel cuore del processo creativo di Pino Daniele e del suo gruppo. La forza prorompente del songwriter napoletano esplode con forza in “Nero a Metà” del 1980, del quale nel 2014 è stata pubblicata una splendida “Special Expanded Edition”, che affiancava al disco originale, rimasterizzato per l’occasione, due inediti e i demo di sette brani. Nei solchi di “Nero A Metà” è racchiuso un sound dal feeling unico ed irripetibile in Italia che emerge con forza travolgente nell’iniziale “I Say I’ Sto Ccà”, permea il manifesto artistico “Musica Musica”, e brilla nella canzone d’amore “Quanno Chiove” in cui spicca il sax di James Senese. Il disco però riserva momenti esaltanti come il blues viscerale “Puozze Passà Nu Guaio” e il crescendo dell’introspettiva “Voglio Di Più”, in cui il cantautore napoletano si racconta tra problemi esistenziali e le sue aspirazioni di musicista e trova il suo vertice prima nella tessitura melodica di “Appocundria” in cui brilla alle congas Karl Potter e poi nel funky di “A Me Me Piace ‘O Blues”. Seguono l’altra splendida canzone d’amore “E So’ Cuntento ‘e Stà’”, l’ irresistibile blues di “Nun Me Scoccià”, e la pura poesia jazzy di “Alleria”, per giungere al finale con la superba “A Testa In Giù” e i ritmi latin di “Sotto ‘o sole”. Rispetto alla Special Expanded Edition da cui provengono “Hotel Regina” e “Tira ‘a carretta” , “Tracce di Libertà” ci regala ancora un inedito, la struggente “Na Voglia ‘e Jastemmà”. Dopo questi primi tre dischi la carriera di Pino Daniele si è evoluta in modo multiforme, seguendo il sentiero tracciato dalla sua curiosità musicale, dando vita da altri dischi eccellenti e ad una serie di fortunate collaborazioni internazionali sempre più prestigiose. Ad arricchire il cofanetto è un corposo booklet con le fotografie inedite di Guido Harari, e Lino Vairetti, e una serie di aneddoti, testi biografici e curiosità. “Tracce di libertà” è, dunque, un documento sonoro preziosissimo perché cristallizza in un unicum l’evoluzione sonora del Neapolitan Power, ed il momento più alto della carriera artistica del cantautore napoletano. 

 

 

di Salvatore Esposito

Pino Daniele, il primo cofanetto è realizzato dal figlio Alessandro: "Fedele a se stesso"

   (26 Dicembre 2015)

Si intitola “Tracce di libertà” la raccolta con i tre album cardine di Daniele e tre cd di rarità. A realizzarlo, a un anno dalla morte, il figlio Alessandro: “Era giusto lasciare tutto così com’era stato registrato, con i rumori della casa, i clacson delle auto in strada, il respiro della città”

 

 

Alessandro Daniele, figlio di Pino Daniele, ha una difficile eredità da gestire. E’ lui che ha realizzato il primo cofanetto, a un anno dalla morte del padre, con il quale iniziare un lungo percorso di valorizzazione del catalogo del grande musicista napoletano. Il cofanetto, intitolato Tracce di libertà, contiene Terra mia, Pino Daniele e Nero a metà ma soprattutto 3 cd con demo, provini, versioni alternative e 6 brani inediti e un libro di 60 pagine con foto inedite, aneddoti, curiosità e testi biografici. Un album live era già uscito, ma per Alessandro questo è un nuovo inizio “Il disco live era nato da una necessità contrattuale, questo è invece il primo progetto nato davvero dopo la morte di mio padre. Volevo ripartire dall’inizio, riproporre i primi tre album di Pino ma anche, soprattutto, cose registrate prima, provini, nastri che aveva conservato Rosario Iermano, bobine a due o quattro tracce. Abbiamo pensato che queste registrazioni avrebbero dato davvero senso al progetto”.

 

Molte sono registrazioni quasi amatoriali…
“Secondo me era giusto lasciare tutto così com’era stato registrato, non mettere le mani su niente, mi piaceva l’idea di lasciare tutto nella versione originale, sia le registrazioni casalinghe, con i rumori della casa, i clacson delle auto in strada, il respiro della città. Ascoltandoli sembra di essere lì insieme a Pino. E poi quelli fatti con la casa discografica. L’idea era quella di mettere nel cofanetto delle tracce di vita, una finestra su questo ragazzo che amava la musica e che viveva di musica, le sue prove prima di arrivare alla realizzazione dei primi dischi. Credo che si capisca molto di lui ascoltando queste registrazioni”.

Sembra di avere tra le mani delle foto scattate all’epoca.
“Si, credo che ci sia molto altro oltre la musica in quelle registrazioni, ci sono le amicizie, la tribù dei musicisti con cui viveva, le cose che amava, e soprattutto i suoi sogni di ragazzo. Spero che chi ascolta queste cose, soprattutto i più giovani, possa trovare una fonte d’ispirazione per un proprio linguaggio musicale. Come faceva lui, che ascoltava Coltrane, la Nccp, i Blind Faith, per trovare la sua voce, la sua musica. C’è tutto quello che viveva all’epoca, poi qualche curiosità, come Donna Cuncetta registrata con un giocattolo comprato all’autogrill, e tanti brani conosciuti registrati in maniera diversa. Brani che raccontano la sua ricerca, il modo in cui è arrivato a realizzare i suoi primi dischi”.

Riscoprire il passato di suo padre è anche un modo per guardare avanti?
“Ovviamente è così, sperando che il meglio debba ancora venire. Guardando indietro puoi trovare la strada giusta per andare avanti, ascoltare le cose del passato per trovare cose giuste per oggi. La cosa bella di tutto questo lavoro è che alla fine mio padre è sempre stato fedele a se stesso, anche rischiando di sbagliare, provando costantemente cose diverse. E credo che questa sia la cosa che si scopre ascoltando queste registrazioni”.

 

 

di Ernesto Assante

«Le canzoni secondo mio padre Pino»

LA LETTERA | Alessandro Daniele e il cofanetto con i vecchi provini

 

È una grande responsabilità mettere le mani sul patrimonio musicale lasciato da mio padre, soprattutto su quello inedito. Quando la Universal Music mi ha proposto di realizzare il cofanetto appena arrivato nei negozi «Tracce di libertà» che raccoglie i suoi primi tre album scavando tra provini, rarità e versioni alternative a quelle ufficiali, il buon senso mi ha spinto fin da subito a non voler toccare le tracce audio, se non per il semplice lavoro di missaggio… ma in seguito mi è venuta l’idea di non toccarle proprio!

Infatti ho lasciato completamente integre le registrazioni ed i provini, dall’inizio alla fine di ogni brano… così facendo si svelano i rumori della sala di registrazione… dagli annunci vocali dell’inizio dei brani al nastro che si riavvolge alla fine della registrazione, fino alle battute tra Pino ed i musicisti. Personalmente trovo magici i provini fatti in casa. In sottofondo si sente il respiro della città, dal traffico alle voci dei passanti in mezzo alla strada, è tutto molto vero, caldo, ed è un vero e proprio documento audio. Papà mi disse «ogni album è lo specchio di me steso, un insieme di tutte le esperienze vissute fino a quel momento»… ma anche l’occasione ed il veicolo per parlare di te e dei tuoi stati d’animo. Ricordo che Pasolini diceva che il primo modo di  comunicare con gli altri è essere se stessi, ed ho sempre ritrovato questa verità in tutti gli album di mio padre… anche se principalmente per lui il suo codice per comunicare è sempre stata la musica.

«Tracce di libertà» è un vero percorso emozionale reso possibile grazie ai ricordi delle persone che hanno partecipato alla creazione di quello che è stato: uno è l’amico di sempre Rosario Jermano (che fin dall’inizio credette in Pino spingendolo a realizzare i primi provini) e dall’altra parte mia madre Dorina (all’epoca fidanzata di mio padre ed anche corista nel primo album); hanno conservato con cura i nastri, le foto ed i ricordi…senza i quali questo progetto non sarebbe stato possibile.

«Tracce di libertà» è tracce di vita, ma senza entrare troppo nella vita privata… perchè quella è «tutta n’ata storia!». Il mio sogno è che le attività in nome della memoria artistica di mio padre trovino la stessa continuità anche nel cambio generazione tramite i miei fratelli più piccoli e la Fondazione Pino Daniele Trust Onlus.

 

di Alessandro Daniele

“TRACCE DI LIBERTÀ” da oggi, 4 dicembre, in tutti i negozi di musica e digital store

PINO DANIELE

OGGI ESCE TRACCE DI LIBERTÀ

IL PERCORSO EMOZIONALE DI UN RAGAZZO A CUI PIACEVA IL BLUES

UNO STRAORDINARIO DOCUMENTO IN 6 CD CON UN LIBRO DI 60 PAGINE

DISPONIBILE ANCHE IN EDIZIONE DELUXE DA 3 CD E IN VERSIONE DIGITALE

 

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Da oggi, venerdì 4 dicembre, è disponibile nei negozi tradizionali, nei digital store e su tutte le piattaforme streaming, “TRACCE DI LIBERTÀ(Universal Music Italia in collaborazione con Blue Drag Publishing): i primi 3 album di PINO DANIELE con le versioni alternative, le prime stesure dei brani, i provini e i brani inediti mai ascoltati, un vero e proprio documento che racconta il percorso artistico e umano del cantautore napoletano.

TRACCE DI LIBERTÀ” sarà disponibile nelle seguenti versioni:

  •  SUPER DELUXE: 6 CD + libro di 60 pagine con foto inedite, aneddoti, curiosità e testi biografici. Contiene 6 brani inediti degli anni ’70 (“Napule se scet’ sotto ‘o sole”, “Mannaggia ‘a morte”, “Stappi-stopotà”, “Figliemo è nu buono guaglione”, “Na voglia ‘e jastemmà” ed un brano strumentale senza titolo);
  • DELUXE: 3 CD + booklet di 60 pagine con foto inedite, aneddoti, curiosità e testi biografici. Contiene 1 brano inedito degli anni ‘70 (“Na voglia ‘e jastemmà”);
  • DIGITALE: contenuti audio della versione DELUXE + digital booklet con 6 foto inedite. Contiene 1 brano inedito degli anni ‘70 (“Na voglia ‘e jastemmà”).

Dalle vicissitudini della realizzazione di “Terra mia” (1977) alla nascita delle prime canzoni, dai provini ai brani inediti che non furono inseriti nelle tracklist originali, da “Pino Daniele(1979) a “Nero a metà(1980):TRACCE DI LIBERTÀpermette di vivere e respirare il percorso che ha portato quel ragazzone di Santa Maria la Nova al palcoscenico internazionale, tracciando un ritratto unico di un giovane Pino Daniele, anche attraverso le testimonianze e le immagini inedite raccolte in un libro di 60 pagine.

«Le tracce lasciate da un artista non sono soltanto canzoni, immagini, dischi, spartiti o critiche più o meno positive… sono da cercarsi nelle emozioni, in qualcosa di immateriale eppure estremamente vivo nella memoria, […] ed è in questo senso che “Tracce di libertà” sono tracce di vita: il percorso emozionale di un ragazzo a cui piaceva il blues» (tratto dal libro di “Tracce di libertà”).

 

 

TRACKLIST

 

DELUXE EDITION
Extended Edition dei 3 CD Originali, con bonus track + Book di 60 Pagine con foto inedite, aneddoti, curiosità e testi biografici
Contiene 1 brano inedito degli anni ‘70

 

                  

 

 

CD 1 | Album TERRA MIA (Extended Edition)
01 – NAPULE È | 02 – ‘NA TAZZULELLA ‘E CAFÈ | 03 – CE STA CHI CE PENZA | 04 – SUONNO D’AJERE | 05 – MARONNA MIA | 06 – SAGLIE, SAGLIE | 07 – TERRA MIA | 08 – CHE CALORE | 09 – CHI PO DICERE | 10 – FORTUNATO | 11 – CAMMINA CAMMINA | 12 – O PADRONE | 13 – LIBERTÀ
Bonus Track:
14 – TERRA MIA – Demo – Riversamento da un nastro da 1/4 di pollice dei provini per il primo album | 15 – Saglie, Saglie – Alternative Version – Registrazione inedita della casa discografica | 16 – CHE CALORE – Provino – Riversamento da un nastro da 1/4 di pollice dei provini per il primo album | 17 – CHI PO DICERE – Demo Pino – Riversamento da un nastro da 1/4 di pollice dei provini per il primo album

 

 

CD 2 | Album PINO DANIELE (Extended Edition)
01 – JE STO VICINO A TE | 02 – CHI TENE ‘O MARE | 03 – BASTA ‘NA JURNATA E SOLE | 04 – JE SO’ PAZZO | 05 – NINNANÀNINNANOÈ | 06 – CHILLO È NU BUONO GUAGLIONE | 07 – UE MAN! | 08 – DONNA CUNCETTA | 09 – IL MARE | 10 – VIENTO | 11 – PUTESSE ESSERE ALLERO | 12 – …E CERCA ‘E ME CAPI’
Bonus Track:
13 – BASTA ‘NA JURNATA E SOLE – Demo | 14 – E CERCA ‘E ME CAPI’ – Demo Pino | 15 – CHILLO È NU BUONO GUAGLIONE – Demo Pino | 16 – PUTESSE ESSERE ALLERO – Demo + Registrazione inedita della casa discografica.

 

CD 3 | Album NERO A METÀ (Extended Edition)
01 – I SAY I’ STO CCÀ | 02 – MUSICA MUSICA | 03 – QUANNO CHIOVE | 04 – PUOZZE PASSÀ NU GUAIO | 05 – VOGLIO DI PIÙ | 06 – APPOCUNDRIA | 07 – A ME ME PIACE ‘O BLUES | 08 – E SO’ CUNTENTO ‘E STÀ | 09 – NUN ME SCOCCIÀ | 10 – ALLERIA | 11 – A TESTA IN GIÙ | 12 – SOTTO ‘O SOLE
Bonus Track:
13 – TIRA ‘A CARRETTA | 14 – SOTTO ‘O SOLE – Versione Alternativa | 15 – HOTEL REGINA | 16 – NA VOGLIA ‘E JASTEMMÀ (Inedito) – Demo + Registrazione inedita della casa discografica

 

 

 

SUPER DELUXE EDITION
6 CD + Book di 60 Pagine con foto inedite, aneddoti, curiosità e testi biografici
Contiene 5 brani inediti degli anni ‘70

 

                   

 

 

CD 1 | WORK IN PROGRESS Album TERRA MIA
LE PRIME COMPOSIZIONI DAL 1973 E I PRIMI DEMO IN CASA
01 – CHI PO DICERE – Demo Pino – Riversamento da un nastro da 1/4 di pollice dei provini per il primo album | 02 – NAPULE SE SCET’ SOTTO ‘O SOLE (Inedito) – Demo Pino – Riversamento da un nastro da 1/4 di pollice dei provini per il primo album | 03 – NAPULE SE SCET’ SOTTO ‘O SOLE – Demo Band | 04 – MA CHE PUZZA DINT’ A STU VICO – Provino – Il primo titolo del CE STA CHI CE PENZA poi realizzato successivamente | 05 – MANNAGGIA ‘A MORTE (Inedito) – Demo – Registrato su una musicassetta durante le prove al teatro Instabile di Napoli | 06 – CHE CALORE – Provino – Riversamento da un nastro da 1/4 di pollice dei provini per il primo album
DAL DEMO AL PROVINO, UN PASSO AVANTI
07 – ‘O PADRONE – Demo | 08 – ‘O PADRONE – Alternative Version – Registrazione inedita della casa discografica | 09 – TERRA MIA – Demo – Riversamento da un nastro da 1/4 di pollice dei provini per il primo album
LE PRIME VERSIONI IN STUDIO
10 – Terra Mia – Alternative Version – Registrazione inedita della casa discografica | 11 – Maronna Mia – Alternative Version – Registrazione inedita della casa discografica | 12 – Sali e Scendi (Saglie Saglie) – Alternative Version – Registrazione inedita della casa discografica | 13 – Saglie, Saglie – Alternative Version – Registrazione inedita della casa discografica

 

CD 2 | TERRA MIA (Album Originale)
01 – NAPULE È | 02 – ‘NA TAZZULELLA ‘E CAFÈ | 03 – CE STA CHI CE PENZA | 04 – SUONNO D’AJERE | 05 –
MARONNA MIA | 06 – SAGLIE, SAGLIE | 07 – TERRA MIA | 08 – CHE CALORE | 09 – CHI PO DICERE | 10 –
FORTUNATO | 11 – CAMMINA CAMMINA | 12 – O PADRONE | 13 – LIBERTÀ

 

 

CD 3 | WORK IN PROGRESS Album PINO DANIELE
LE PRIME STESURE DEL SECONDO ALBUM (REGISTRATE IN CASA)
01 – E CERCA ‘E ME CAPI’ – Demo Pino | 02 – STAPPI-STOPOTÀ (inedito) – Demo | 03 – JE STO VICINO A TE – Demo Band 1 | 04 – JE STO VICINO A TE – Demo Band 2 | 05 – CHILLO È NU BUONO GUAGLIONE – Demo Pino| 06 – DONNA CUNCETTA – Demo
DAL DEMO AL PROVINO IN STUDIO
07 – JE SO’ PAZZO – Demo Band in casa | 08 – JE SO’ PAZZO – Alternative Version – Registrazione inedita della casa discografica | 09 – PUTESSE ESSERE ALLERO – Demo + Registrazione inedita della casa discografica | 10 – BASTA ‘NA JURNATA E SOLE – Demo | 11 – BASTA ‘NA JURNATA E SOLE – Alternative Version – Registrazione inedita della casa discografica | 12 – FIGLIEMO E’ NU BUONO GUAGLIONE (inedito) – Provino – Registrazione inedita della casa discografica | 13 – IL MARE – Alternative Version – Registrazione inedita della casa discografica

 

CD 4 | PINO DANIELE (Album Originale)
01 – JE STO VICINO A TE | 02 – CHI TENE ‘O MARE | 03 – BASTA ‘NA JURNATA E SOLE | 04 – JE SO’ PAZZO | 05 – NINNANÀNINNANOÈ | 06 – CHILLO È NU BUONO GUAGLIONE | 07 – UE MAN! | 08 – DONNA CUNCETTA | 09 – IL MARE | 10 – VIENTO | 11 – PUTESSE ESSERE ALLERO | 12 – …E CERCA ‘E ME CAPI’

 

 

CD 5 | WORK IN PROGRESS Album NERO A METÀ
01 – NA VOGLIA ‘E JASTEMMÀ (Inedito) – Demo + Registrazione inedita della casa discografica | 02 – TIRA ‘A CARRETTA – Bonus track | 03 – VOGLIO DI PIÙ – Demo piano e voce | 04 – PUOZZE PASSÀ NU GUAIO – Versione Alternativa | 05 – A TESTA IN GIÙ – Demo | 06 – MUSICA MUSICA – Demo | 07 – ALLERIA – Demo | 08 – NUN ME SCOCCIÀ – Demo | 09 – APPOCUNDRIA – Demo | 10 – E SO’ CUNTENTO ‘E STÀ – Versione Alternativa | 11 – SOTTO ‘O SOLE – Versione Alternativa | 12 – HOTEL REGINA – Bonus track | 13 – NO TITLE (Inedito) – Demo – Brano senza titolo, scoperto durante il riversamento da un nastro da 1/4 di pollice di alcuni provini

 

 

CD 6 | NERO A METÀ (Album Originale)
01 – I SAY I’ STO CCÀ | 02 – MUSICA MUSICA | 03 – QUANNO CHIOVE | 04 – PUOZZE PASSÀ NU GUAIO | 05 – VOGLIO DI PIÙ | 06 – APPOCUNDRIA | 07 – A ME ME PIACE ‘O BLUES | 08 – E SO’ CUNTENTO ‘E STÀ | 09 – NUN ME SCOCCIÀ | 10 – ALLERIA | 11 – A TESTA IN GIÙ | 12 – SOTTO ‘O SOLE

 

 

 

 

Milano, 4 dicembre 2015

Ufficio Stampa: Parole & Dintorni (Sara Bricchi)

Promozione Radio – TV: Universal Music Italia

Sei canzoni a sorpresa dagli archivi di Daniele

      (4 novembre 2015)

I primi tre album ristampati in un prezioso box

 

È il lavoro che tutti i danieliani duri e puri hanno sognato per decenni, ma anche quello di cui avrebbero fatto volentieri a meno, visto che vede la luce solo perché Pinotto non c’è più. «Tracce di libertà», nei negozi il 4 dicembre, è un viaggio al termine del primo Pino Daniele: raccoglie i suoi primi tre album, li smonta mostrandone il dietro le quinte in una sequenza di provini casalinghi e versioni alternative, li completa con sei inediti di cui mai prima si era parlato, rimasti nei cassetti del cantautore, e tirati fuori dal figlio Alessandro, che è stato suo road manager ed ora ne cura le memoria con la Fondazione Pino Daniele il cui primo atto è proprio questo «percorso emozionale che racconta un ragazzo a cui piaceva il blues, ma anche la sua città, i suoi anni Settanta, insieme formidabili e controversi, i suoi compagni di viaggio».

Alex ha lavorato al progetto nello studio che fu del padre, cercando di fare i conti con la sua scomparsa improvvisa: «Prima mi sono chiuso nel dolore», spiega con il pudore di chi preferirebbe sempre restare dietro le quinte, «e nel silenzio, in me stesso, insomma. Poi ho sentito l’enorme onda dell’affetto che circonda papà come artista e come uomo». Non riesce a parlarne al passato, Alessandro: «Non è passato, io lo sento presente, è qui». E, di sicuro, è dentro «Tracce di libertà», che arriverà nei negozi, fisici e virtuali, in triplice versione: super deluxe, con sei cd e un libretto di 60 pagine con testi, foto, curiosità e i sei inediti; deluxe, con tre cd, booklet e un inedito; digitale con gli stessi contenuti audio di quella deluxe.

«Terra mia» (1977), «Pino Daniele» (1979) e «Nero a metà» (1980) sono dischi epocali, continuano la tradizione della canzone napoletana rivoluzionandola, portano la rabbia e la voglia di rivoluzione in testi fino a quel momento condannati a parlare d’amore melenso, ritrovano un dialetto antico che sa farsi modernissimo, tengono insieme le radici e le ali, la veracità e il sogno blues rock americano, la tradizione e la contemporaneità. Il cofanetto ce li consegna com’erano, poi li «raddoppia»: come già era successo con la versione extended di «Nero a metà», ultimo progetto discografico pubblicato in vita dall’Uomo in blues.

«Terra mia», l’lp d’esordio, diventa così un work in progress, una macchina del tempo che ci porta a casa di Rosario Jermano, percussionista, primo complice e poi amico di una vita, dove le canzoni venivano fermate su un nastro, spesso una normalissima cassetta. Alex ha trattato quei materiali con amore e rispetto, lasciando gli errori, le battute, i fruscii. Il demo di «Chi po’ dicere» apre il tutto con versi che oggi hanno un altro senso: «Chi po’ dicere / ca sto’ mrenno/ Chi po’ dicere ca so’ cuntento/ Chi po’ dicere/ ca sto’ sbaglianno». «Terra mia», il brano, è la prima di tante tracce di libertà: è nuda, scabrosa, emozionante. «Saglie, saglie» conosce più vestiti, anche uno che prova a tradurla in italiano, «Ma che puzza dint’‘a stu vico» è l’abbozzo da cui nascerà «Ce sta chi ce penza».

Poi arrivano le sorprese, i primissimi brani scritti dal 1973 in poi. «Napule se scet’ sotto ‘o sole» registrata in un deposito a corso Malta, probabilmente è antecedente a «Napule è», potrebbe essere un primo tentativo di raccontare una città insieme immobile e in movimento, di grande bellezza e di grande bruttezza, catata dai poeti e stuprata dai politici: «A vecchia ca venne ‘e castagne/ se more ‘e friddo e nun dice niente/ con poche sorde nun c’a fa». A Napoli si vive sotto il sole, si muore sotto il sole: la ballata è cantautorale e folk, ingenua, solo una chitarra, un flauto, dei tamburi. «Mannaggia ‘a morte» è appena uno stralcio, desimoniano, non a caso arriva da una registrazione di una messinscena all’ormai mitico Teatro Instabile, con Gianni Battelli al violino.

Il libretto correda tutto con pagine delle agende personali che il musicista teneva in quegli anni, di testimonianze spesso minime, tenere. Dorina Giangrande, futura prima moglie del cantautore, compare sulla scena per caso: accompagna una corista in studio, è l’unica ad avere la macchina a disposizione.

Con «Pino Daniele» il lavoro di lima delle composizioni si rivela persino più nettamente. Non ci sono solo arrangiamenti diversi, non ci sono solo vestiti provati ma non usati su una melodia all’inizio spoglia: «Je so’ pazzo», ad esempio, la conosciamo a memoria, ma nella prima versione, invece di dire «ed oggi voglio parlare», cantava «ed oggi voglio sparare», dando un contesto alla canzone più aderente agli anni di piombo, amplificando la rabbia del nuovo Masaniello che scandalizzava i  benpensanti con una parolaccia censurata da radio e classifiche. «Basta ‘na jurnata ‘e sole», invece, era di partenza «Basta ‘na giurnata ‘e sole» ed aveva un intarsio chitarristico in stile flamenco scomparso nella session definitiva. «Donna Cuncetta» nelle note autografe di Pino si intitolava «’Onna Cunce’» e all’ascolto sorprende  con un diverso intermezzo strumentale, come un contrappunto. «Il mare» inizia con un’osservazione: «Vabbè, suona come i Cream». Alla fine di «Je sto vicino a te» l’autore commenta: «Vabbè ci stanno le felle, ma che ce ne fotte». «Stappi-stopotà», il terzo inedito, è un divertissement ritmico che ricorda all’inizio la celeberrima «Can’t find my home» dei Blindth Faith. «Figliemo è nu buono guaglione» è il quarto: jazz mediterraneo tra Nccp e Weather Report, un duetto tra una voce femminile, una chitarra lisergica, la chicca più inattesa.

A «Tira ‘a carretta» e «Hotel Regina» che arricchivano la versione extended di «Nero a metà», Alessandro Daniele ha aggiunto, per l’occasione, altri due brani mai ascoltati prima: uno strumentale senza titolo, delicato, insinuante, e «Voglia ‘e bestemmia’», che ha movenze brasiliane e sa – come si diceva in quegli anni – che il personale è politico: «Tu dicive nun da’ retta/ nun ce penza’/ da ‘na mano a tutte cose/ e circa e campa’/ E si me guardo attuorno/ je nun vache niente/ so’ na pezza ‘mmane ‘a gente/ che me gira e avota comme vo’/ E ‘na voglia e jastemma’/ ca chianu chianu se ne va/ e cchiù ‘ncazzato me fa». Nel take in studio diventa più rock, c’è un sassofono (più probabilmente di Avitabile che di Senese), ma non finisce lo stesso nell’album, destinata ad essere scoperta solo ora.

Come queste «Tracce di libertà» che sarà doce e ammaro e inevitabile seguire con amore e rimpianto. «Le ho raccolte proprio per questo», conclude il figlio del Mascalzone latino, «mi piacerebbe che presentassero mio padre alle nuove generazioni, che parlassero del musicista oltre che del cantautore. Le sue canzoni viaggiano da sole, ai suoi dischi non posso aggiungere niente, se non, come in questo caso, delle occasioni per entrarci dentro meglio, più in profondità» 

 

di Federico Vacalebre

 


L’IDEA

Ogni disco in versione extended

«Mio padre per ogni disco lasciava da parte uno o due pezzi, e non sempre perché erano scarti: spesso succedeva che non lo ritenesse adatto a quel disco, che lo immaginasse estraneo per sonorità in quel dato progetto»: Alex Daniele racconta che, dopo «Tracce di libertà», tutta la discografia del cantautore scomparso il 4 gennaio scorso potrebbe tornare in circolazione in versione extended, con provini, outtakes e gli inediti tanto invocati dai collezionisti e dai fans più accaniti. Si parla anche di un’edizione integrale di tutta la sua opera, «ma bisogna mettere d’accordo diverse case discografiche». Vedremo».

 

di Federico Vacalebre

NERO A METÀ LIVE – la recensione di Sony Music Legacy Italy

      

Sony Music Legacy Italy

 

“ …vecchie canzoni, che sono entrate nella vita di tutti….

Vecchie canzoni, però noi siamo quelli di oggi “

Pino Daniele

 

L’atmosfera è quella calda e confortante di una riunione tra vecchi amici, legati da esperienze, risate e tanta, tanta buona musica. Quei legami che si fanno fratellanza eterna. Amici che decidono di ritrovarsi ancora per suonare insieme, per ripercorrere canzoni che sono diventate oramai patrimonio comune a tutti noi. Nasce così una jam session di grandissima qualità, musicisti affiatati, rodati ed entusiasti che suonano canzoni bellissime, rileggendole con nuova energia, talvolta nuovi arrangiamenti.

Questa esperienza unica è diventata un doppio cd: “Pino Daniele – Nero a metà live”, tratto dal concerto che l’artista partenopeo ha tenuto con la sua band a Milano il 22 dicembre 2014.

Protagoniste le canzoni dell’album omonimo del 1980 e altri grandi successi, più un inedito, “Abusivo” del 1975.

Sul palco, insieme a Pino, ritroviamo quindi James Senese al sax, Tullio De Piscopo e Agostino Marangolo alla batteria, Ernesto Vitolo al piano e alle tastiere, coadiuvato dalla bravissima Elisabetta Serio, Rosario Jermano alle percussioni, Gigi De Rienzo al basso.

Apre il disco “A testa in giù”, e subito si scivola nelle piacevoli suggestioni della canzone, che si rifà quasi in toto all’originale del 1980. Il genio compositivo, lo stile unico, la grande classe, la capacità indiscussa di musicisti di grande caratura – Agostino Marangolo alla batteria, Vitolo al Rhodes, –‐ , sono messi in bella copia in questa canzone dall’andamento funky e dall’aria solare, rilassata, soffusa di leggerezza e di gioia. Un’autostrada di felicità, canta Pino Daniele, alternando l’italiano alla lingua napoletana, percorrendola tutta, e lasciando spazio anche ai nostri pensieri di spaziare, liberi, contagiati dalla sua luce.

Brano d’apertura scelto non a caso, perchè è di strada da percorrere e ripercorrere che parla il musicista, salutando il pubblico con quella sua voce gentile e personalissima. “I say I’ sto ‘cca” è coinvolgente, rilassata e divertita. Al piano Elisabetta Serio, le percussioni caratteristiche del pezzo sono affidate alle sapienti mani di Rosario Jermano.
Il funky soul più nero sposa la tradizione partenopea ,e suoni, ritmiche , parole si mescolano dando vita ad un bellissimo momento, la fisarmonica originale del pezzo di BrunoDe Filippi è ben rimpiazzata dalle tastiere Ernesto Vitolo.

L’atmosfera si fa più tirata con la grintosa “A me me piace ‘o blues”. Tastiere, basso e percussioni sostengono e incalzano la voce sicura e “nera a metà” del cantautore, fino all’inciso, aperto,solare, di questo brano che trasuda sangue passione sudore e musica allo stato puro.
Voglio di più” ha un testo bellissimo, importante. La band ricalca l’arrangiamento originale quasi alla lettera, mentre la voce di Pino Daniele a volte si affatica sulle note più alte mentre canta“voglio di più di quello che vedi, voglio di più di questi anni amari”, e chiude il brano con un bel solo alla chitarra elettrica.

L’atmosfera si fa più raccolta con” Resta, resta cu mme”. E’ uno stretto abbraccio col pubblico, un momento intimo, riscaldato dall’arpeggio della chitarra acustica. Il pubblico canta e unisce la sua voce a quella di Daniele, l’emozione è palpabile.

E questa sensazione di comunione ravvicinata continua con la splendida “Alleria”. Al basso acustico Gigi De Rienzo si muove con eleganza e calda discrezione, al piano Ernesto Vitolo in una grande performance. Jazz rarefatto, smussato e morbido. Il tappeto alle tastiere rende ancora più sognante questa splendida canzone.

Percussioni, tastiere e la maestria della chitarra acustica di Pino Daniele in “Apucundria”. Napoli e l’America sono più che mai fuse ed intrecciate in questa canzone, mentre con “Sulo pe’parlà” tutto è sospeso come in una preghiera al cielo.

Tullio De Piscopo entra in scena con “Na tazzulella ‘e cafè”, e si recupera quell’aria beffarda e sorniona tipica del popolo napoletano. E’ un blues classico, che continua con venature jazz in “I got the blues”, che ci regala anche un gioco di rimando tra chitarra e batteria davvero godibile. La voce di Pino Daniele riveste tutto e tutto permea di verace passione, di quieta eleganza, di musica con la M maiuscola.

Fin dalle prime note “Quando” è un’emozione che trascina e travolge il pubblico. Chitarra in primo piano, tastiere e la batteria discreta sostengono la bellissima canzone, che fu colonna sonora del film “Pensavo fosse amore…invece era un calesse” . Ed è una stretta con l’amico Massimo Troisi quella che il pubblico percepisce, che tocca nel profondo.

Chiude il primo cd “Chi tene ‘o mare”, introdotta dal sax dell’amico e fratello James Senese. La canzone strappa il cuore grazie alla sua forza evocativa, alla malinconia insita in ogni singola nota . La canzone sembra finire in un istante, portata via dal vento, forse a ricordare che “Chi tene ‘o mare, ‘o sai, nun tene niente…”

Il cd 2 riapre con l’indedito “Abusivo”. Il brano –‐ racconta Rosario Jermano –‐ era nato nel 1975, e venne inciso su una musicassetta “arancione”, che, insieme ad altri pezzi venne poi presentata ai discografici. L’incontrò generò un contratto discografico, ma “Abusivo” non venne inserito in alcun disco. Detto provino è presente nella versione originale del 75 su Itunes e Spotify come bonus track, una vera chicca. Ma per la versione presente sul cd e sul vinile è stata proprio la band dei fedelissimi di Pino che si sono ritrovati in uno studio per risuonare il brano utilizzando le parti vocali originali rielaborando ed arricchendo questa storia che parla di povertà e precarietà, di dolcezza e rassegnazione, della mancanza di speranza di chi non ha altra scelta se non tirare a campà.

Sotto ‘o sole” si apre con un lungo solo di batteria di Marangolo, , poi il pubblico viene sommerso dal soffuso soul blues , in una declinazione di sofisticata “fusion”, dove Pino Daniele fraseggia con Senese in un affiatato duello. La band procede trasformando la canzone in una jam session, dove il cantante usa la voce come strumento al pari degli altri, fondendosi in un unico suono.

L’atmosfera torna a farsi rarefatta e delicata con “E so cuntento ‘e sta”, mentre “Quanno chiove”, tra le predilette del musicista, infonde sentimenti di malinconia e introspezione. L’esecuzione è fedele all’originale, e chiude col bel solo al sax di Senese.

Si torna ad un andamento più brioso con “Musica musica”, in “Nun me scuccià” risuona ancora il blues tanto caro all’autore, ed il pezzo si arricchisce di solo di tastiere e di chitarra, mentre per “Puozz passa’ nu guaio” ci si diverte a provare ritmiche reggae , che ben si adattano al testo agrodolce della canzone.

Funky blues per “Tutta n’ata storia”, impreziosito dal bellissimo riff di Senese nel ritornello. E’ la chitarra di Pino Daniele che apre “’O scarrafone”. Ritmiche caraibiche fuse ad atmosfere più soul fanno da tappeto a storie di ordinaria emarginazione, raccontate con beffarda ironia.

Il solo di Tullio De Piscopo diverte e coinvolge. Chiude l’opera “Yes I know my way”, Pino Daniele si congeda dal pubblico con questa bellissima canzone. Ancora ritmiche sposate a melodie in una fusione ritmica, sonora che cattura e rende assolutamente partecipe e felice l’ascoltatore.

Così ci saluta Pino Daniele, e le note di queste canzoni continuano a risuonare in un eco infinito e caro al nostro cuore.

Un musicista che ha saputo fondere come nessuno tradizione partenopea a sonorità d’oltremare, e che ha mescolato ironia e malinconia nei suoi testi, procurando sorrisi, commozione, aprendo la via a nuove forme della musica, che in pochi sanno seguire.

 

 

di Sony Music Legacy Italy (www.legacyrecordings.it)

Pino Daniele e la melodia di "chi tene ‘o mare" nel postumo "Nero a metà live"

 

Sono passati sei mesi e una manciata di giorni dalla morte di Pino Daniele, da quell’incredibile notizia rimbalzata a velocità pazzesca, tanto da sembrare irreale. “Nero a metà live“, uscito da poche ore, è la registrazione dell’ultimo concerto, suonato il 22 dicembre a Milano con la stessa formazione dello straordinario album del 1980; trentacinque anni trascorsi a diventare uno dei più importanti musicisti su scala internazionale.

“È la solita operazione sciacalla e necrofila”, è stato scritto in rete. Un album inutile e un’operazione commerciale opportunistica, dunque? Nulla di più lontano dalla realtà, almeno per chi abbia la voglia di ascoltarlo. Per la semplice ragione che questo live da l’opportunità ai tanti che non hanno potuto seguire quella tournée di conoscere l’ennesimo sorprendente lato di Pino Daniele; non una raccolta sciatta di successi, ma un percorso ragionato del tempo trascorso e delle relative ricerche di senso.

In apertura, è lo stesso chitarrista scomparso a dire che la serata di musica sarebbe stato un modo per stare con gli amici di ieri nella pelle di oggi, con l’obiettivo di “stare bene” col pubblico “e basta”, aggiunge. E, infatti, in quello svolgersi musicale, ed è questa la forza dell’album, scorre una “tranquilla grandezza”, un evolversi mai sdrucciolo del discorso musicale; abbandonata ogni volontà di stupire con fuochi d’artificio o sperimentazioni di latitudini altre, il gruppo si muove con una sola anima e con la voglia di stare bene insieme, che per chi fa musica è una specie di Graal.

L’incredibile alchimia è tutta là e la fortuna è che ne sia rimasta traccia in questo live, che insegna tanto al pubblico, ma anche a chi fa musica (sempre che sia abbia l’umiltà per imparare). C’è “appocundria” in ognuna delle canzoni dell’album, quella sensazione di intraducibile insofferenza, tanto vicina allo “spleen” o alla “saudade”, che si traduce nell’esser sazi e dire d’esser digiuni. E però, è un’appocundria sopra la quale sono passati gli anni e le esperienze, trasformandola in qualcosa di nuovo e più maturo, forse più dolente, perché ancora irrisolta. Una resilienza, insomma, intima e piena di malinconia.

Pino Daniele, con Tullio De Piscopo, James Senese, Rino Zurzolo, Gigi de Rienzo e gli altri amici (straordinari musicisti), raccontano coralmente l’impossibilità di cercare per trovare, perché dietro ogni ricerca c’è un nuovo inappagamento, che obbliga a una nuova ricerca. È la condizione di “chi tene ‘o mare” e che ha trasfigurato la lingua napoletana in linguaggio universale e la melodia contaminata in musica internazionale.

Certo, è terribile e triste ascoltare questo Nero a metà live sapendo che è stata l’ultima volta che Pino Daniele ha potuto “star bene” col suo pubblico, coi suoi amici “e basta”. Ma è la prova più forte che la sua musica c’è e resterà, dietro ogni retorica o timore di sfruttamento commerciale.

 

 

di Paolo Romano

Pino Daniele, l’ultimo show e l’inedito «Abusivo»

        (09 giugno 2015)

L’incipit, con il calore della folla e il riff di «A testa in giù», si fa mozzafiato quando, alla fine del pezzo, la voce del lazzaro felice spiega: «Siamo tornati insieme per raccontare la storia di un viaggio cominciato tanti anni fa, delle canzoni che poi sono entrate nella vita delle persone… Abbiamo deciso di proporre un concerto con quelle vecchie canzoni, però noi siamo quelli di oggi. Niente, volevamo solo stare bene insieme». Ed eravamo stati bene davvero, in tanti, in quel tour che rileggeva «Nero a metà», dal debutto l’1 settembre 2014 all’Arena di Verona all’ultimo concerto del 22 dicembre al Forum di Assago, passando pochi giorni prima – il 16 e 17 – per le serate napoletane al Palapartenope con «friends» veraci. Poi, però, a soli 13 giorni da quella chiusura di tour milanese… «Nero a metà live» è la testimonianza spietata di un addio imprevisto, l’impossibile tentativo di ovviare a un vuoto incolmabile, l’affettuosa dedica di Alessandro Daniele – che questo disco, pubblicato anche su doppio vinile e accompagnato da un bel booklet fotografico, ha fortemente voluto – a suo padre e i suoi fans. Il sound, il repertorio, la superband – quella dell’epoca e l’ultima, con James Senese, Tullio De Piscopo, Gigi De Rienzo, Agostino Marangolo, Ernesto Vitolo, Rosario Jermano, Rino Zurzolo, Elisabetta Serio – fanno faville, il miglior neapolitan power brilla di luce intramontabile in pezzi come «I say i sto cca», «A me me piace ‘o blues», «Voglio di più», «Alleria», «Appocundria», «Sulo pe’ parla’», «’Na tazzulella ‘e caffè», «I got the blues», «Quando», «Chi tene ‘o mare», «Sotto ‘o sole», «E so cuntento ‘e sta’», «Quanno chiove», «Musica musica», «Nun me scuccia’», «Puozz’ passa’ nu guaio», «Tutta n’ata storia» e «Yes I know my way», un bis lungo quasi sette minuti, con tanto di ringraziamenti ai musicisti, gli ultimi ringraziamenti. Il canzoniere danieliano duro e puro, con poche concessioni agli hit successivi, giusto «Resta resta cu’mme» e «’O scarrafone». In mezzo c’è «Abusivo», inedito d’epoca, recuperato da una registrazione del 1975. Il titolo originale era «’O posteggiatore», Rosario Jermano, il più antico dei collaboratori dell’uomo in blues, l’ha ritrovato su una musicassetta che era stata registrata sul suo quattro piste Tech insieme con «Ca’ calore», «Fortunato» e «’O padrone». Si trattava dei provini che il manager che scoprì il cantautore, Claudio Poggi, portò a Bruno Tibaldi, allora direttore della Emi: i primi due pezzi finirono nell’lp di debutto «Terra mia» del 1977, gli altri due furono bocciati e rimasero nei cassetti del percussionista. «C’erano solo la voce e la chitarra di Pino e un po’ di percussioni di Jermano. Abbiamo ripreso il pezzo, io ci ho aggiunto la batteria, De Rienzo il basso, Vitolo l’organo. Ma era come se Pino fosse lì con noi», ricorda De Piscopo.

E il bassista: «Abbiamo fatto tutto in un giorno, senza snaturare il fascino grezzo della testimonianza. Abbiamo soltanto accompagnato quello che c’era, ripetuto qualche frase per dare corpo alla canzone, che era poco più di un abbozzo». In primo piano c’è una mandola, suonata da Daniele, che rimanda molto al lavoro sulla tradizione dei suoi primi pezzi, proprio come il testo. «Abusivo so’ nato/ abusivo aggio campato/ E chelle duje ca tutto ‘o juorne/ mo nun mme vonno manco da’/ Ma quando a sera chella vecchia/ me vene a vasa’/ me fa passa’ a paura/ ringrazia a Madonna/ ‘na casa vado trouann’», dicono i versi, che danno voce ad un anziano che per sbarcare il lunario è costretto ad uno dei mestieri più detestati dai napoletani tutti: «Assetato tutta ‘a mattina/ cheste macchine aggia guarda’/ ma vedite a vecchiaia/ che vita c’aggia fa’/ Ma quando a sera chella vecchia/ me vene a vasa’/ me rice nun da’ retta/ è n’atu ppoco c’amma campa’». Poco più di un abbozzo, una curiosità, che forse sarebbe stato meglio ascoltare nella versione originale (disponibile come bonus track solo nella versione digitale), ma che restituisce il senso di una creatività in nuge. Poggi, che poi ha lavorato con Gragnaniello e D’Alessio, allora scriveva per il mensile «Nuovo Sound», Daniele militava nei Batracomiomachia con Enzo Avitabile ed era in tour come chitarrista di Bobby Solo (cinque concerti, compreso uno da supporter ad uno dei padri del rock’n’roll, Fats Domino). «In quei nastri c’era l’esuberanza del primo Pino», ricorda oggi il produttore, «ma non credo gli si faccia un buon servizio rendendo pubblico quello che lui, e quelli che lavorarono con lui come me, aveva deciso di non far ascoltare. Non ho ascoltato la versione postuma del pezzo, ma rendergli omaggio è comunque cosa buona e giusta».

Autorizzatissima, altro che abusiva, è l’emozione strappacuore che rimane dopo l’ascolto di «Nero a metà live»: «Quella notte a Milano scendemmo dal palco convinti che ai primi del 2015 ci saremmo rivisti per capire come continuare l’avventura meravigliosa che ci aveva riunito», commenta desolato Senese, «e invece…».

di Federico Vacalebre