Archivi Blog

Pino Daniele chiude il Nero a metà tour a Milano con Mario Biondi

Sul palco la band originale del 1980. Più di trent’anni dopo Pino Daniele riporta le canzoni di quello splendido album dal vivo. Ieri sera è stato l’ultimo concerto del tour: ecco le foto esclusive del musicista partenopeo e degli ospiti della serata

 

Si è chiuso ieri sera al Mediolanum Forum di Assago il “Nero a metà” tour di Pino Daniele, un’occasione unica per riascoltare le splendide canzoni di uno degli album più belli della discografia italiana, ancora oggi nella classifica dei “100 album più belli di sempre” di Rolling Stone Italia. Sul palco la band originale del 1980, composta da James Senese (sax), Gigi De Rienzo (basso), Agostino Marangolo (batteria), Ernesto Vitolo (piano), Rosario Jermano (percussioni) e, nel set acustico, Rino Zurzolo (contrabbasso), Elisabetta Serio (piano) e Tullio De Piscopo.

Un pubblico numerosissimo ha accolto l’artista partenopeo e la sua band per uno dei concerti italiani più belli del 2014. Sonorità geograficamente nate lontano da Milano, ma vicine agli spettatori presenti. «Il sound che portiamo sul palco» ha raccontato il musicista in una recente intervista «nasce direttamente da Napoli: anche se ora vivo a Roma, la mia città la porto sempre dentro, è inevitabile, il blues e la malinconia mediterranea vengono sempre fuori. Non escludo di scrivere un altro disco nel mio dialetto».
Un pubblico per gran parte, ma non solo, originario di Napoli e lo si capisce fin dall’attesa del concerto che trasforma il palazzetto in un piccolo stadio con l’orecchio teso verso gli ultimi momenti della finale della Supercoppa italiana di calcio.

Ospite speciale della serata milanese un amico di Pino Daniele, ovvero il cantante siciliano Mario Biondi, conosciuto per il suo timbro vocale inconfondibile per il quale è stato ribattezzato il Barry White italiano. Con lui «Je so’ pazzo» riacquista una nuova veste e una nuova interpretazione, tre le note bassissime di Biondi e il falsetto di Pino.
Grande chiusura per un tour meraviglioso, di quelli da non dimenticare.

 

 

di Pier Luigi Balzarini

Pino Daniele lunedì al Forum: «Sono ancora Nero a metà»

L’artista napoletano chiude il suo tour a Milano

 

Marchio di fabbrica di un sound a metà tra il blues dei neri americani e la musica popolare napoletana, «Nero a metà» è il simbolo della mescolanza, del meticciato sociale, culturale, artistico, ma soprattutto umano, di Pino Daniele. Il terzo disco del «mascalzone latino», dopo l’esordio genuino di «Terra mia» e la conferma dell’album omonimo del ‘79, quello di «Je so’ pazzo», ha dato il titolo al tour che termina lunedì 22 dicembre al Forum di Assago. «In questo live – spiega Pino Daniele – c’è tutta la mia storia musicale e verrà messa in evidenza l’identità dei suoni che hanno caratterizzato il mio percorso artistico. Il tour di “Nero a metà” è un tuffo nel suono vintage, in quella stagione ribattezzata “Neapolitan Power”, in cui ci ispiravano da un lato al black power, dall’altro alle nostre radici, per proclamare un’originalità artistica che paga ancora oggi».

In quest’ultima del tour, che avrà come guest star l’amico fraterno Mario Biondi (che duetta con lui in «A me me piace ‘o blues»), ci sarà la band originale del 1980 al completo, con James Senese al sax, Gigi De Rienzo al basso, Agostino Marangolo alla batteria, Ernesto Vitolo al piano, Rosario Jermano alle percussioni, mentre il set acustico vedrà sul palco Rino Zurzolo al contrabbasso, Elisabetta Serio al piano e Tullio De Piscopo alla batteria. «Io e gli altri musicisti ospiti – continua il 59enne cantautore napoletano – ci alterneremo sul palco e daremo vita a tante suggestioni. Dal rock al blues, dal funk al jazz, dalle sonorità latine a quelle più acustiche: racconteremo il disco, che suoneremo integralmente, e l’atmosfera magica del periodo in cui è stato scritto. Una dichiarazione di identità, una sorta di passaporto culturale, lontano anni luce da qualsiasi operazione nostalgica». Al centro dell’evento c’è la seconda vita di un disco appassionato, che ha fatto conoscere Daniele al grande pubblico, e un ritorno al blues partenopeo per non tradire le proprie radici musicali: «Il sound che portiamo sul palco nasce direttamente da Napoli: anche se ora vivo a Roma, la mia città la porto sempre dentro, è inevitabile, il blues e la malinconia mediterranea vengono sempre fuori. Non escludo di scrivere un altro disco nel mio dialetto».

 

 

di Paolo Carnevale

Pino Daniele al Palapartenope, emozioni senza tempo

 

Masaniello è cresciuto, è vero, ma ogni anno torna e sono emozioni, sensazioni, ricordi, orizzonti che si aprono davanti a un passato che brilla come l’oro. O come loro, musicisti napoletani rari da trovare nel panorama nazionale e internazionale: tutti alle dipendenze del Masto, del Nero a metà che ama tessere nuove relazioni e nuove melodie, anche se le canzoni hanno trenta e passa anni. Il Palapartenope è pieno in ogni ordine di posto, la gente ha voglia di godere della musica dei suoi mascalzoni: Pino Daniele è in gran forma, James Senese e Tullio De Piscopo sono i soliti concentrati di groove, Rino Zurzolo è una sola cosa con il suo basso, Elisabetta Serio, Ernesto Vitolo, Agostino Marangolo, Gigi De Rienzo e Rosario Jermano completano alla grande un quadro variopinto che trasmette sentimenti senza tempo.

La serata si apre con A testa in giù e I say je sto ccà, poi l’intro di ‘A me me piace ‘o blues scatena i cuori e le mani del Palapartenope prima di lasciare spazio ad una fantastica Voglio di più: “sai che non striscerò per farmi valere”, canta Pinuccio, che ha ricevuto e continua a ricevere critiche per alcune scelte ma che quando sale sul palco con la sua chitarra lascia pochissimo spazio ai mugugni. Resta cu’ mme canta un amore di cui non si può fare a meno, Alleria sembra riprendere il discorso lasciato sospeso con Voglio di più: “passa ‘o tiempo e che fa se la mia voce cambierà”. Non fa niente, se poi ogni volta ci regali il paradiso con le tue note.
“Adesso suoneremo un pezzo che non faccio spesso”, annuncia Pino: è Sulo pe’ parlà, una perla di rara bellezza concentrata in un minuto o poco più nel quale il pubblico resta con il fiato sospeso prima di sciogliersi in un applauso scrosciante. Appocundria fa l’occhiolino al flamenco con la chitarra di Gianni Guarracino, poi arrivano Mareluna, Vento di passione, ‘Na tazzulella ‘e cafè e I got the blues, un’altra pietra miliare del repertorio dell’artista napoletano. Al pubblico bastano le prime quattro parole, “Tu dimmi quando quando”, per sentire il brivido di un’amicizia che non finisce di emozionare in una delle più belle canzoni della storia della musica italiana, mentre in Je so’ pazzo non vede l’ora di urlare insieme al suo beniamino “Nun ce scassate ‘o cazzo!”.
Pino chiama sul palco suo fratello Nello Daniele e il compagno di scuola Enzo Gragnaniello, che incrociano le voci in Donna Cuncetta e Chi tene ‘o mare: “Chi tene ‘o mare cammina cu ‘a vocca salata…”, non si potrebbe descrivere meglio l’amarezza di una città che non sa sfruttare le sue potenzialità. I musicisti giocano su Sotto ‘o sole, E so’ cuntento ‘e sta precede la storica Quanno chiove, che accoglie il rap di Rocco Hunt, visibilmente emozionato e forse per questo apparso non al meglio. Dettagli, la musica continua insieme al sogno di un repertorio indimenticabile: Musica musica, Nun me scuccià, Puozze passà nu guaio, Io per lei, Tutta n’ata storia; ogni canzone ha il suo perché, ogni vecchia melodia è resa nuova da stupendi arrangiamenti. ‘O scarrafone è un grido contro la Lega che continua a essere una vergogna, con Clementino che rappa alla grande e chiama in causa Matteo Salvini.
La festa si chiude con Yes I know my way e il consueto bis con Napule è e E sona mo’, sulla quale i due “artisti del futuro” (come li ha definiti lo stesso Daniele) si danno alla pazza gioia inserendo anche i ritornelli dei pezzi che li hanno portati all’attenzione generale, ‘O viento e Nu’ juorno buono, e ringraziano Zio Pino per un’occasione speciale.
Domani si replica, sempre al Palapartenope. Ma saranno emozioni nuove, questo è certo.

 

 

di Pierpaolo Orefice

Pino Daniele, l’apologia live di “Nero a metà”

 

L’apologia live di “Nero a Metà” non è solo un evento bensì una vera e propria costatazione tangibile di come Pino Daniele rappresenta per il suo popolo – e per la musica italiana – un vero e proprio pioniere e mentore. Sogna ancora di dar vita ad un festival tutto suo, un festival del mediterraneo, ma nel frattempo fa registrare il tutto esaurito in ogni location in cui porta il suo neapolitan sound…quello nato nei vicoli dell’undergroundpartenopeo in compagnia degli amici storici. Ora come prima. “Nero a Metà” è l’album della consacrazione, prodotto da Willy David nel 1980 (etichetta EMI Italiana) e ancora oggi suona bene. Ci ha pensato anche Rolling Stone Italia ad inserirlo al 17° posto tra i 100 migliori dischi italiani di tutti i tempi.

Gioca in casa il mascalzone latino e con lui gli amici di un tempo che si ritrovano sul palco del Palapartenope di Napoli la sera del 16 Dicembre (si replica questa sera) per dar spazio ad unsound che è il marchio di fabbrica di Pino Daniele. Ad attenderlo più di 3000 persone impazienti fino all’ultimo di vedere sul palco i protagonista della colonna sonora della loro vita. Si parte con “A testa in giù”, tono scherzoso ma consapevole dice al pubblico “Abbiamo trovato questo suono per caso e lo abbiamo portato avanti”. Ad accompagnarlo James Senese al sax, Ernesto Vitolo alle tastiere, Rosario Jermano alle percussioni, Rino Zurzolo al contrabbasso, Gigi De Rienzo alla chitarra che accompagna Pino Daniele sulle note di“Alleria”, “I got the Blues” e “Puozze passà nu guaio”, Agostino Marangolo alla batteria, Elisabetta Serio al piano e alle tastiere e la partecipazione di Tullio De Piscopo.

“Voglio di più”, “Musica Musica”, “I say i’ sto’ ccà”, “A me me piace ‘o blues”,“Appocundria”, “E’ so cuntento ‘e stà”, “Sott ‘o sole” quasi tutte in sequenza perché questo è il tour “Nero a Metà” e tutto l’album è intriso di grandi capolavori oramai entrati di diritto nella storia della musica italiana. Nel mezzo ci troviamo “Nà tazzulella ‘e cafè”, “O’ scarrafone”, “Quando” e “Quanno chiove” momento in cui sul palco piomba il giovanissimoRocco Hunt che dice divertito “ma dove stava scritto che a 20 anni mi trovo sul palco insieme a Pino Daniele!?”

E poi ancora “Resta resta cu mmè”, “Je so pazzo” perché Pino Daniele dice “Nun sò bbuono a parlare, so soltanto suonare”. E sul palco arriva l’altro giovanissimo Clementino, che si diverte sulle note di “Yes I Know my Way” prima di cimentarsi in un esilarante duetto con Rocco Hunt sulle note di “E’ sona mò” mescolata con le strofe dei loro successi più conosciuti “Nu juorno buono” e “O’ vient”. Prima dei saluti ufficiali c’è anche tempo per l’intramontabile“Napul è” mentre la gioia e il divertimento traspare dai volti dei protagonisti, degli ospiti e del pubblico partecipante.

Quello che risalta maggiormente all’occhio è che per davvero la musica in ogni suo forma è un collante perfetto per dimenticare, anche solo per un istante, tutti gli affanni. E i musicisti, quelli veri, non smettono mai di divertirsi per questo. Né di divertire.

 

 

di Angelo Moraca

Daniele & Friends, la magia continua: show con Clementino e Rocco Hunt

 

Il mucchio selvaggio del neapolitan power (ri)annoda fili mai spezzati, mette in mostra le radici nobili e i frutti più recenti e succosi. Sono teneri, emozionati, fieri, Clementino e Rocco Hunt mentre aspettano il proprio turno dietro il palco di «zio Pino». Sono giganti James Senese e Tullio De Piscopo, l’uomo chiamato sassofono e l’uomo chiamato tamburo, mentre regalano schegge veraci di America napoletana, di Napoli americana.

È un lazzaro più che mai felice Daniele, che intorno a «Nero a metà», lp-capolavoro del 1980, ha cucito questa nuova avventura che va oltre l’amarcord e non solo perché i rapper newpolitani sparano rime che vestono di nuovo groove e melodie che sono carne viva della città porosa, della nuova Napoli sognata e mai costruita, della grande bellezza verace immersa nella nuttata che non passa mai. Il Palapartenope è gremito, la giornata di pioggia non ha tenuto a casa nessuno, tanto stanotte diluvia with love, altro che schizzicheare. L’uomo in blues guida una doppia superband che nessun altro può permettersi in Italia, anche perché nessun altro è «suonautore» come lui. C’è la formazione originale di quello storico terzo lp (Gigi De Rienzo al basso, Agostino Marangolo alla batteria, Ernesto Vitolo alle tastiere, Rosario Jermano alle percussioni), ma anche Senese e De Piscopo, e poi Rino Zurzolo al contrabbasso, ed Elisabetta Serio alle tastiere.

I cambi di set sono cambi di atmosfera, il momento acustico cucito intorno ad «Appucundria» spezza il fiato, il flamenco sa di tufo con la chitarra ospite di Gianni Guarracino. In fondo, il rito recente di «Tutta n’ata storia» continua così, con musicisti che si ritrovano, con note che si confondono. «A testa in giù» e «I say ’i sto cca’» aprono la serata, quando arriva «A me me piace ’o blues» non ce n’è più per nessuno e più della nostalgia canaglia può il beat dei mascalzoni latini, la solidità contemporaneissima di un repertorio che non mostra una ruga. «Voglio di più», «Quanno chiove» con le strofe melodiche di Rocchino da Salerno, «Nun me scuccià», «Puozze passa nu’ guaje» con il suo ritmo blues-reggae che racconta un’intera epoca sonora sotto forma di esorcismo, «’O scarrafone» rappato da Clemente che Sanremo non va voluto ma non ha bisogno di santi in Paradiso per un flow travolgente che Moreno e Nesli non si potranno mai permettere.

«Je so’ pazzo» cerca masanielli prossimi venturi, sul palco si divertono almeno quanto sotto il palco, e si vede, e si sente ascoltando «Alleria», «’Na tazzulella ’e cafè», «I got the blues», «Quando», «Sotto ’o sole», «Musica musica». Ai microfoni arrivano anche Enzo Gragnaniello e Nello Daniele, alla prima esibizione dopo un’operazione di by-pass. Pino li chiama in campo per dividere «Donna Cuncetta», lamento dell’armonia perduta e anzi mai esistita, elegia del tuppo nero, canzone della consapevolezza che «’o tiempo d’’e cerase è già fernuto». Per ricordare con loro che «chi tene ’o mare, o’ssaje, nun tene niente». Daniele è in forma, si sente a casa e si gode il calore di chi lo segue da sempre come dei fans più giovani.

La voce si scalda brano dopo brano, le sue chitarre – acustiche ed elettriche – anche di più, tra assoli latini, echi di flamenco, citazioni malandrine. I finali corali spesso sono caciaroni, magari anche questo non sfugge alla regola, ma la foto di gruppo e la carica dei neri a metà è un’emozione da ricordare. «Yes I know my way» cantano, rappano e suonano quelli che quel pezzo l’hanno visto nascere e quelli che non erano ancora nati. «Napule è», ricordano, sorridenti ma pensosi, mentre a «voce d’’e criature saglie chiano chiano e tu saje che non si sulo», nonostante la città irriconoscibile che ti circonda. «E sona mo’, sona mo’, sona mo’», allora, che non ci sono parole per dire la Partenope perduta eppure ritrovata in un pugno di note a cui si aggiungono, nel tripudio generale, quelle di «’O viento» e di «Nu juorno buono». E stasera si replica.

 

 

di Federico Vacalebre

Pino Daniele, concerto a Roma 2014 di "Nero a metà" tour: la Neapolitan Power torna a vivere

 

I Grandi non hanno bisogno di presentazioni.
I Grandi non hanno bisogno di fare rumore, di praticare arti circensi sul palco durante un concerto per attirare l’attenzione.
Basta che i Grandi accennino un solo passo sul palco e la festa è pronta a cominciare.

Questo è quello che succede a Pino Daniele quando varca la soglia del proscenio e ringrazia per applausi, urla e sorrisi.
Ieri sera al Palalottomatica di Roma, il cantautore napoletano ha riportato i suoi fan indietro di trent’anni proponendo i brani della sua carriera degli anni ’80.

Stessa formazione del tempo (James Senese al sax, Agostino Marangolo alla batteria, Gigi De Rienzo al basso, Rosario Jermano alle percussioni, Ernesto Vitolo al piano. Ospiti speciali Tullio De Piscopo alla batteria, Rino Zurzolo al contrabbasso, Tony Esposito alle percussioni. Elisabetta Serio ha domato le tastiere e il piano), stesso sound e stessa consapevolezza di donare musica buona come sempre.
“Nero a metà” è il tour nostalgico – ma non in senso negativo – di Daniele che, a quasi 60 anni, rimane un’icona della musica italiana. Ne hanno avuta la certezza i fan che lo hanno accolto a braccia aperte, dai giovani ai diversamente giovani.

Quello che abbiamo ascoltato ieri sera non sono state solo le parole di un poeta (anche se dir questo non è poco), ma musica, quella che fanno i veri Musicisti che conoscono come le loro tasche metrica, ritmo, attacchi e stacchi. Basta un battito di bacchette, un riff di chitarra, un soffio accennato al sax che i brividi non stentano affatto ad arrivare.

“Nero a metà” è la storia del blues napoletano, la vivace essenza del rock, la melodia acustica, il funky perseverante, una commistione di generi che in Pino Daniele convivono come anime gemelle fatte l’uno per l’altra.
“Quanno chiove”, “O’ scarrafone”, “ Na tazzulella e cafè”, sino a “Napule è”, “Resta cù mmè”, “Io per lei”, “Nun me scuccià”, “A me me piace o blues”, “Je so pazz”, ogni canzone è un’emozione. “Nero a metà” resta uno di quei concerti che bisogna vedere almeno una volta nella vita per ricordarsi cos’è la musica, cos’è l’arte. Ed ogni tanto non fa male.

Come ama ribadire “non so buon” a parlare, Daniele parla con la musica, ha un rispetto ancestrale dei ruoli che la spocchia di certi musicisti di oggi hanno scordato.

Tony Esposito, Tullio De Piscopo, James Senese, poi, sono animali da palcoscenico e in questi casi l’età non conta, il talento rimane fulgidamente attaccato alla pelle di cotanti artisti come un veleno che nemmeno l’antidoto più potente riesce a debellare via.

 

 

di Antonella Dilorenzo

Sarà MARIO BIONDI, lo Special Guest lunedì 22 dicembre al Mediolanum Forum di ASSAGO-MILANO per l’ultima data di “NERO A METÀ”

 

Lunedì 22 dicembre PINO DANIELE sarà in concerto al Mediolanum Forum di Assago-Milano (via G. Di Vittorio, 6 – ore 21.00) per l’ultima data di “NERO A METÀ”. Ospite della serata sarà l’amico e collega Mario Biondi, con cui il cantautore napoletano ha duettato sul palco dell’Arena di Verona durante il concerto-evento dello scorso 1° settembre.

“NERO A METÀ” è un grande spettacolo dove saranno protagoniste tutte le canzoni contenute nell’omonimo terzo album di Pino del 1980, grandi successi da “Quanno chiove“, “Alleria“, “Voglio di Più“, “Nun me scuccià” al brano che dichiara la sua passione di sempre “A me me piace ‘o blues”.

Insieme all’artista la band composta dai musicisti che parteciparono alle registrazioni dello storico album: Gigi De Rienzo (basso), Agostino Marangolo (batteria), Ernesto Vitolo (piano, tastiere ed organo) e Rosario Jermano (percussioni).
…E non solo!

“NERO A METÀ” è un identità di suono ed in questi concerti ci sarà tutta la storia musicale di Pino grazie anche alle partecipazioni straordinarie di Tullio De Piscopo alla batteria e di James Senese al sax; tra Blues, rock, jazz, sonorità acustiche e l’immancabile tradizione napoletana, sul palco anche gli amici Rino Zurzolo (contrabbasso) ed Elisabetta Serio (piano).

I biglietti per “NERO A METÀ”, prodotto e organizzato da 55AVE Entertainment e F&P Group (in collaborazione con Radio Italia, la radio ufficiale del tour), sono disponibili online su www.ticketone.it, nei punti vendita e nelle prevendite abituali (per info biglietti: www.fepgroup.it).

Nero a Metà (1980) è l’album della consacrazione per Pino Daniele, simbolo di quel sound inconfondibile, diventato suo marchio di fabbrica in Italia e all’estero. Le melodie, la fusione tra tradizione partenopea, blues, rock e jazz hanno reso questo disco un pilastro della musica italiana, tanto che ancora oggi è nella classifica Rolling Stone Italia dei “100 album più belli di sempre” ed è stato premiato ai Music Awards 2014 come uno degli album che hanno lasciato un segno nella storia della musica italiana. Per celebrarlo, l’album è stato pubblicato da Universal Music Italia in una nuova edizione rimasterizzata “NERO A METÀ” Special Extended Edition, disponibile anche in doppio vinile da 180 grammi in edizione limitata e numerata in 1.000 esemplari. Il primo Lp contiene la versione rimasterizzata dell’album originale mentre il secondo Lp contiene i due preziosi brani inediti (“Tira A Carretta” e lo strumentale “Hotel Regina”) e i nove brani in versioni alternative e demo tratti dalle registrazioni originali, già contenuti nell’edizione in cd.

Pino Daniele, Tullio De Piscopo, James Senese mix esplosivo e scoppia la festa della musica

 

© Egidio Magnani

Sono passati 34 anni, dall’uscita del suo album ‘Nero a metà’ ma le sue canzoni ci appaiano evergreen perché la sua musica e i suoi testi sono ancora oggi attuali.

Stiamo parlando di Pino Daniele che dopo il concerto evento all’arena di Verona, è salito sul palco al Pala Florio di Bari, portando con sé la sua musica. Un concerto dove si traspira e si mescolano con armonia canti e usanze popolari napoletani, ma anche il sound mediterraneo, che si sposa e spazia con equilibrio tra i generi musicali del rock, del blues del funky e del jazz.

Propendetemene l’anima nera del cantautore napoletano emerge in questo concerto che ha preferito dare un’impronta più jazzistica ai suoi brani.

E’ proprio Pino Daniele prima di iniziare il concerto spiega che questo percorso per lui non è altro che un viaggio con un gruppo di amici iniziato tanti anni fa. Musicisti che per il loro piacere hanno sperimentato nuovi suoni e canzoni e che oggi vogliono condividerli e riviverli anche a noi.

Quindi con la sua immancabile chitarra inizia a intonare “A testa in giù” per poi “I say ‘i sto ccà” “ a me me piace ‘o blues”, “voglio di più”, brani del suo terzo album d’esordio ‘Nero a metà’ album che descrive la sua maturazione artistica e affermazione in campo nazionale.

Ad accompagnarlo sul palco una band di tutto rispetto, molti dei quali i suoi amici/musicisti/viaggiatori da Gigi De Rienzo al basso, Ernesto Vitolo alle tastiere e rhodes, Agostino Marangolo alla batteria, Rosario Jermano alle percussioni. Al piano Elisabetta Serio.

L’acoustic music è stata affidata a Rino Zurzolo al contrabasso per avvicendarsi con altri due amici da Tullio De Piscopo che con le sue bacchette è riuscito a far scuotere il Pala Florio come la musica appassionata del suono del sax di James Senese.

Fa l’ingresso sul palco la salentina Alessandra Amoroso che insieme a Pino in unplugged cantano “Quando” e “Vento di passione”.

E’ un crescendo il concerto di Pino Daniele dove gli spettatori gridavano i brani che volevano ascoltare e che non sono stati disattesi.

Infatti non poteva mancare “na tazzulella ‘e caffè”, “I got the blues”, “Je so pazzo”, “Che Dio ti benedica”, “e so cuntento’e sta”, “quanno chiove”, “nun me scuccia”, “o scaraffone”, “Yes I kown my way”, per terminare con “Napule è”.

27 brani che ci parlano di Napoli e delle sue incoerenze, ma che ci parlano dell’amore di Pino Daniele per la sua città e per la sua musica senza tempo.

 

 

di Anna deMarzo

Pino Daniele dopo 34 anni è ancora Nero a Metà

 
Il concerto barese di Pino Daniele ha regalato due ore di vera musica. Di vera classe e genio artistico. Una dote rarissima in un mondo musicale dominato da giovani cantanti promossi dai talent show che poco donano alla musica vera. Il 34esimo anniversario di Nero a Metà non poteva essere festeggiato che con i suoi grandi protagonisti.

 

Pino Daniele, l’album Nero a Metà. Uno degli artisti più geniali della musica italiana con un album che è una pietra miliare della musica internazionale sul palco del Palaflorio di Bari. Cosa si può dire su un artista che di cui si è già detto tutto? Di un artista che ha suonato con gente del calibro di Pat Metheny, Chick Corea, Eric Clapton, Bob Berg, Yellow Jacket, Vinnie Colaiuta e chi più ne ha più ne metta? Solo un aggettivo per lui: immenso. Sicuramente la nostalgia della composizione di un album di così rara bellezza è una componente di non poco conto. Ma come si fa a non amare un album che, tutt’ora geniale, è un mix tra blues, jazz, soul e melodico napolitano? Aggiungiamoci una band composta da Gigi De Rienzo e Rino Zurzolo al basso e contrabbasso, Agostino Marangolo e Tullio De Piscopo alla batteria, Ernesto Vitolo ed Elisabetta Serio alle tastiere, Rosario Jermano alle percussioni e James Senese al sax e la magia è completa.

Pino Daniele, nella serata barese, non ha semplicemente suonato. Ha incredibilmente dipinto la musica. Ha vestito la musica del suo abito più bello. Suonando ha detto: “La musica italiana è viva e non si trova certo nei talent show!” E come dargli torto! La serata passa da Appocundria a Vento di Passione, da Yes I Know My Way a Voglio di Più, da Alleria a Nun me Scuccià, con un’agevolezza senza tempo. Non sono note quelle che escono dalle casse del palco. Sono veri e propri brividi di piacere. Potrebbe essere facile tacciare questa recensione di esasperazione delle definizioni. Ma farlo significherebbe non comprendere fino in fondo la rivoluzione musicale che l’artista partenopeo ha portato in Italia dalla fine degli anni ’70. Pino Daniele ha preso il difficile sound del jazz e del nostalgico blues, il ballabile groove del funk e l’ha legato alla musica popolare napoletana. Dire che Pino Daniele non sia un genio assoluto significherebbe negare anche il solo titolo dell’album che festeggia i 34 anni di vita. Nero a Metà è, infatti, un chiaro richiamo al padre del Neapolitan Power: Mario Musella.

Il concerto barese è stato tutto questo turbinio di emozioni conclusesi con il bis di Napul’è (non poteva essere altrimenti) e con la ripresa di A me me piace o blues e l’improvvisazione di tutti gli artisti presenti. Luci accese a giorno, spettatori in piedi, sorriso stampato sul volto di Pino e un grande, ideale, abbraccio che la super band partenopea ha regalato al pubblico barese. Un pubblico in visibilio che, almeno per due ore, si è trovato in un mondo fuori dal tempo fatto di classe, arte, genio, amore e…magia.

 

di Andrea Dammacco

Pino Daniele a Bari, un pittore della musica che supera il tempo e diventa mito

 

Fotografia di Dario Fazio

Scrivere del concerto che Pino Daniele ha tenuto a Bari lo scorso giovedì 11 dicembre potrebbe essere quasi un banale esercizio giornalistico perché sul grande cantautore e musicista partenopeo è stato detto di tutto e tutto potrebbe riassumersi in un sintetico ma efficace “Immenso”.

Invece ha senso raccontare le tante sfumature di emozioni provate dal pubblico che ha letteralmente inzeppato il Palaflorio di Bari.

Pino Daniele si è esibito in compagnia dei suoi amici di sempre: Tullio De Piscopo (batteria), James Senese (sax), Rino Zurzolo (contrabbasso), Elisabetta Serio (piano), Gigi De Rienzo (basso), Agostino Marangolo (batteria), Ernesto Vitolo (piano, tastiere ed organo) e Rosario Jermano (percussioni). Musicisti assolutamente d.o.c. che hanno fatto la musica italiana ed in particolar modo quella di Pino Daniele.

“Nero a Meta”, il titolo del tour, è l’album che ha consacrato Pino Daniele nel lontano 1980 ed è stato il disco che ha accompagnato intere generazioni di appassionati di musica di qualità. Giovani di ieri e di oggi, insieme, hanno gremito l’ampio Palazzetto dello Sport di Bari ipnotizzati dall’originalissimo sound del musicista napoletano, che uno dopo l’altro ha snocciolato tutti i suoi più grandi successi: “Quanno chiove“, “Alleria“, “Voglio di Più“, “Nun me scuccià”,  “A me me piace ‘o blues” e tante altre, fino alla quanto mai attuale “Jé so pazzo” dove il pubblico a potuto liberare il suo personalissimo e catartico “Nun ce scassate ‘o cazzo”.

Pino Daniele non ha semplicemente suonato e cantato, ha dipinto quadri musicali con la sua voce e la sua chitarra. Pitture, ora a tinte forti, ora vagamente acquerellate che riescono sempre a raccontare storie di terre, di uomini, di mare, di profondi sentimenti e amori consumati. La lirica di Pino Daniele ha indossato il suo vestito più bello rendendosi capace di scavare nel cuore dello spettatore per donargli una personale e profonda carezza vitale.

Pino Daniele ha suonato e cantato con l’energia di un giovane affamato di musica e il carisma di un artista che è la musica fatta persona. E’ un musicista rubato al tempo, che sfida il tempo e lo vince assoggettando a sé mode e tendenze musicali che non possono far altro che infrangersi sul suo mito. In quest’ottica va letta la poco incisiva partecipazione di un’ancora acerba Alessandra Amorosoche ha provato a interpretare una canzone troppo caratterizzata come “Quando”. Non è facile cimentarsi in un brano come questo che da solo è una sceneggiatura e che incarna un altro mito italiano senza tempo, Massimo Troisi, il grandissimo attore partenopeo scomparso prematuramente nel 1994. L’Amoruso che canta un genere musicale troppo diverso è risultata alla fine della sua performance decisamente fuori contesto e quasi posticcia, ma è brava e si rifarà.

Il finale è stato nel segno di “Napul’è” e non poteva essere diversamente perché Pino Daniele, profondamente innamorato della sua città, non finirà mai di ringraziarla per avergli donato quello spirito poetico e quella sensibilità musicale che solo Napoli possiede.

Alla fine del concerto si sono accese le luci a giorno. Gli spettatori in visibilio hanno concesso un interminabile applauso; un’ondeggiare di mani e di braccia, di corpi e di cuori che sembravano uno sciame di api intorno alla sua regina. Pino Daniele ha allargato le braccia in un simbolico abbraccio, stringendo a se un pubblico fantastico, quello che a Bari, sia pure per due ore, ha superato il tempo e ha navigato in estasi nella storia della canzone italiana. Questa è la magia della musica.

 

 

di Antonio Curci