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Pino Daniele, concerto a Roma 2014 di "Nero a metà" tour: la Neapolitan Power torna a vivere

 

I Grandi non hanno bisogno di presentazioni.
I Grandi non hanno bisogno di fare rumore, di praticare arti circensi sul palco durante un concerto per attirare l’attenzione.
Basta che i Grandi accennino un solo passo sul palco e la festa è pronta a cominciare.

Questo è quello che succede a Pino Daniele quando varca la soglia del proscenio e ringrazia per applausi, urla e sorrisi.
Ieri sera al Palalottomatica di Roma, il cantautore napoletano ha riportato i suoi fan indietro di trent’anni proponendo i brani della sua carriera degli anni ’80.

Stessa formazione del tempo (James Senese al sax, Agostino Marangolo alla batteria, Gigi De Rienzo al basso, Rosario Jermano alle percussioni, Ernesto Vitolo al piano. Ospiti speciali Tullio De Piscopo alla batteria, Rino Zurzolo al contrabbasso, Tony Esposito alle percussioni. Elisabetta Serio ha domato le tastiere e il piano), stesso sound e stessa consapevolezza di donare musica buona come sempre.
“Nero a metà” è il tour nostalgico – ma non in senso negativo – di Daniele che, a quasi 60 anni, rimane un’icona della musica italiana. Ne hanno avuta la certezza i fan che lo hanno accolto a braccia aperte, dai giovani ai diversamente giovani.

Quello che abbiamo ascoltato ieri sera non sono state solo le parole di un poeta (anche se dir questo non è poco), ma musica, quella che fanno i veri Musicisti che conoscono come le loro tasche metrica, ritmo, attacchi e stacchi. Basta un battito di bacchette, un riff di chitarra, un soffio accennato al sax che i brividi non stentano affatto ad arrivare.

“Nero a metà” è la storia del blues napoletano, la vivace essenza del rock, la melodia acustica, il funky perseverante, una commistione di generi che in Pino Daniele convivono come anime gemelle fatte l’uno per l’altra.
“Quanno chiove”, “O’ scarrafone”, “ Na tazzulella e cafè”, sino a “Napule è”, “Resta cù mmè”, “Io per lei”, “Nun me scuccià”, “A me me piace o blues”, “Je so pazz”, ogni canzone è un’emozione. “Nero a metà” resta uno di quei concerti che bisogna vedere almeno una volta nella vita per ricordarsi cos’è la musica, cos’è l’arte. Ed ogni tanto non fa male.

Come ama ribadire “non so buon” a parlare, Daniele parla con la musica, ha un rispetto ancestrale dei ruoli che la spocchia di certi musicisti di oggi hanno scordato.

Tony Esposito, Tullio De Piscopo, James Senese, poi, sono animali da palcoscenico e in questi casi l’età non conta, il talento rimane fulgidamente attaccato alla pelle di cotanti artisti come un veleno che nemmeno l’antidoto più potente riesce a debellare via.

 

 

di Antonella Dilorenzo

Pino Daniele, Tullio De Piscopo, James Senese mix esplosivo e scoppia la festa della musica

 

© Egidio Magnani

Sono passati 34 anni, dall’uscita del suo album ‘Nero a metà’ ma le sue canzoni ci appaiano evergreen perché la sua musica e i suoi testi sono ancora oggi attuali.

Stiamo parlando di Pino Daniele che dopo il concerto evento all’arena di Verona, è salito sul palco al Pala Florio di Bari, portando con sé la sua musica. Un concerto dove si traspira e si mescolano con armonia canti e usanze popolari napoletani, ma anche il sound mediterraneo, che si sposa e spazia con equilibrio tra i generi musicali del rock, del blues del funky e del jazz.

Propendetemene l’anima nera del cantautore napoletano emerge in questo concerto che ha preferito dare un’impronta più jazzistica ai suoi brani.

E’ proprio Pino Daniele prima di iniziare il concerto spiega che questo percorso per lui non è altro che un viaggio con un gruppo di amici iniziato tanti anni fa. Musicisti che per il loro piacere hanno sperimentato nuovi suoni e canzoni e che oggi vogliono condividerli e riviverli anche a noi.

Quindi con la sua immancabile chitarra inizia a intonare “A testa in giù” per poi “I say ‘i sto ccà” “ a me me piace ‘o blues”, “voglio di più”, brani del suo terzo album d’esordio ‘Nero a metà’ album che descrive la sua maturazione artistica e affermazione in campo nazionale.

Ad accompagnarlo sul palco una band di tutto rispetto, molti dei quali i suoi amici/musicisti/viaggiatori da Gigi De Rienzo al basso, Ernesto Vitolo alle tastiere e rhodes, Agostino Marangolo alla batteria, Rosario Jermano alle percussioni. Al piano Elisabetta Serio.

L’acoustic music è stata affidata a Rino Zurzolo al contrabasso per avvicendarsi con altri due amici da Tullio De Piscopo che con le sue bacchette è riuscito a far scuotere il Pala Florio come la musica appassionata del suono del sax di James Senese.

Fa l’ingresso sul palco la salentina Alessandra Amoroso che insieme a Pino in unplugged cantano “Quando” e “Vento di passione”.

E’ un crescendo il concerto di Pino Daniele dove gli spettatori gridavano i brani che volevano ascoltare e che non sono stati disattesi.

Infatti non poteva mancare “na tazzulella ‘e caffè”, “I got the blues”, “Je so pazzo”, “Che Dio ti benedica”, “e so cuntento’e sta”, “quanno chiove”, “nun me scuccia”, “o scaraffone”, “Yes I kown my way”, per terminare con “Napule è”.

27 brani che ci parlano di Napoli e delle sue incoerenze, ma che ci parlano dell’amore di Pino Daniele per la sua città e per la sua musica senza tempo.

 

 

di Anna deMarzo

Pino Daniele dopo 34 anni è ancora Nero a Metà

 
Il concerto barese di Pino Daniele ha regalato due ore di vera musica. Di vera classe e genio artistico. Una dote rarissima in un mondo musicale dominato da giovani cantanti promossi dai talent show che poco donano alla musica vera. Il 34esimo anniversario di Nero a Metà non poteva essere festeggiato che con i suoi grandi protagonisti.

 

Pino Daniele, l’album Nero a Metà. Uno degli artisti più geniali della musica italiana con un album che è una pietra miliare della musica internazionale sul palco del Palaflorio di Bari. Cosa si può dire su un artista che di cui si è già detto tutto? Di un artista che ha suonato con gente del calibro di Pat Metheny, Chick Corea, Eric Clapton, Bob Berg, Yellow Jacket, Vinnie Colaiuta e chi più ne ha più ne metta? Solo un aggettivo per lui: immenso. Sicuramente la nostalgia della composizione di un album di così rara bellezza è una componente di non poco conto. Ma come si fa a non amare un album che, tutt’ora geniale, è un mix tra blues, jazz, soul e melodico napolitano? Aggiungiamoci una band composta da Gigi De Rienzo e Rino Zurzolo al basso e contrabbasso, Agostino Marangolo e Tullio De Piscopo alla batteria, Ernesto Vitolo ed Elisabetta Serio alle tastiere, Rosario Jermano alle percussioni e James Senese al sax e la magia è completa.

Pino Daniele, nella serata barese, non ha semplicemente suonato. Ha incredibilmente dipinto la musica. Ha vestito la musica del suo abito più bello. Suonando ha detto: “La musica italiana è viva e non si trova certo nei talent show!” E come dargli torto! La serata passa da Appocundria a Vento di Passione, da Yes I Know My Way a Voglio di Più, da Alleria a Nun me Scuccià, con un’agevolezza senza tempo. Non sono note quelle che escono dalle casse del palco. Sono veri e propri brividi di piacere. Potrebbe essere facile tacciare questa recensione di esasperazione delle definizioni. Ma farlo significherebbe non comprendere fino in fondo la rivoluzione musicale che l’artista partenopeo ha portato in Italia dalla fine degli anni ’70. Pino Daniele ha preso il difficile sound del jazz e del nostalgico blues, il ballabile groove del funk e l’ha legato alla musica popolare napoletana. Dire che Pino Daniele non sia un genio assoluto significherebbe negare anche il solo titolo dell’album che festeggia i 34 anni di vita. Nero a Metà è, infatti, un chiaro richiamo al padre del Neapolitan Power: Mario Musella.

Il concerto barese è stato tutto questo turbinio di emozioni conclusesi con il bis di Napul’è (non poteva essere altrimenti) e con la ripresa di A me me piace o blues e l’improvvisazione di tutti gli artisti presenti. Luci accese a giorno, spettatori in piedi, sorriso stampato sul volto di Pino e un grande, ideale, abbraccio che la super band partenopea ha regalato al pubblico barese. Un pubblico in visibilio che, almeno per due ore, si è trovato in un mondo fuori dal tempo fatto di classe, arte, genio, amore e…magia.

 

di Andrea Dammacco

Pino Daniele a Bari, un pittore della musica che supera il tempo e diventa mito

 

Fotografia di Dario Fazio

Scrivere del concerto che Pino Daniele ha tenuto a Bari lo scorso giovedì 11 dicembre potrebbe essere quasi un banale esercizio giornalistico perché sul grande cantautore e musicista partenopeo è stato detto di tutto e tutto potrebbe riassumersi in un sintetico ma efficace “Immenso”.

Invece ha senso raccontare le tante sfumature di emozioni provate dal pubblico che ha letteralmente inzeppato il Palaflorio di Bari.

Pino Daniele si è esibito in compagnia dei suoi amici di sempre: Tullio De Piscopo (batteria), James Senese (sax), Rino Zurzolo (contrabbasso), Elisabetta Serio (piano), Gigi De Rienzo (basso), Agostino Marangolo (batteria), Ernesto Vitolo (piano, tastiere ed organo) e Rosario Jermano (percussioni). Musicisti assolutamente d.o.c. che hanno fatto la musica italiana ed in particolar modo quella di Pino Daniele.

“Nero a Meta”, il titolo del tour, è l’album che ha consacrato Pino Daniele nel lontano 1980 ed è stato il disco che ha accompagnato intere generazioni di appassionati di musica di qualità. Giovani di ieri e di oggi, insieme, hanno gremito l’ampio Palazzetto dello Sport di Bari ipnotizzati dall’originalissimo sound del musicista napoletano, che uno dopo l’altro ha snocciolato tutti i suoi più grandi successi: “Quanno chiove“, “Alleria“, “Voglio di Più“, “Nun me scuccià”,  “A me me piace ‘o blues” e tante altre, fino alla quanto mai attuale “Jé so pazzo” dove il pubblico a potuto liberare il suo personalissimo e catartico “Nun ce scassate ‘o cazzo”.

Pino Daniele non ha semplicemente suonato e cantato, ha dipinto quadri musicali con la sua voce e la sua chitarra. Pitture, ora a tinte forti, ora vagamente acquerellate che riescono sempre a raccontare storie di terre, di uomini, di mare, di profondi sentimenti e amori consumati. La lirica di Pino Daniele ha indossato il suo vestito più bello rendendosi capace di scavare nel cuore dello spettatore per donargli una personale e profonda carezza vitale.

Pino Daniele ha suonato e cantato con l’energia di un giovane affamato di musica e il carisma di un artista che è la musica fatta persona. E’ un musicista rubato al tempo, che sfida il tempo e lo vince assoggettando a sé mode e tendenze musicali che non possono far altro che infrangersi sul suo mito. In quest’ottica va letta la poco incisiva partecipazione di un’ancora acerba Alessandra Amorosoche ha provato a interpretare una canzone troppo caratterizzata come “Quando”. Non è facile cimentarsi in un brano come questo che da solo è una sceneggiatura e che incarna un altro mito italiano senza tempo, Massimo Troisi, il grandissimo attore partenopeo scomparso prematuramente nel 1994. L’Amoruso che canta un genere musicale troppo diverso è risultata alla fine della sua performance decisamente fuori contesto e quasi posticcia, ma è brava e si rifarà.

Il finale è stato nel segno di “Napul’è” e non poteva essere diversamente perché Pino Daniele, profondamente innamorato della sua città, non finirà mai di ringraziarla per avergli donato quello spirito poetico e quella sensibilità musicale che solo Napoli possiede.

Alla fine del concerto si sono accese le luci a giorno. Gli spettatori in visibilio hanno concesso un interminabile applauso; un’ondeggiare di mani e di braccia, di corpi e di cuori che sembravano uno sciame di api intorno alla sua regina. Pino Daniele ha allargato le braccia in un simbolico abbraccio, stringendo a se un pubblico fantastico, quello che a Bari, sia pure per due ore, ha superato il tempo e ha navigato in estasi nella storia della canzone italiana. Questa è la magia della musica.

 

 

di Antonio Curci

Pino Daniele torna a Bari ed è subito blues

“Nero a metà tour” al Palaflorio. C’erano Senese, De Piscopo e la Amoroso

 

Pino e i suoi amici. Gli amici di vecchia data, tutti sul palco del Palaflorio di Bari per ricordare il meglio del blues e dei vecchi successi di Pino Daniele, alcuni di questi arrangiati in chiave moderna.
E’ un revival che parte dagli anni ’80 e di quell’immarcescibile album “Nero a metà” che Daniele ha voluto riprendere in un tour cominciato a settembre all’Arena di Verona.
Si comincia con “A testa in giù”. Quindi è la volta di “I say I’ sto ccà”, accompagnato sempre dal contrabbasso di Rino Zurzolo.
E per proseguire con l’elenco degli amici di sempre, quelli che hanno dato vita a “Nero a metà”, ci sono anche Gigi De Rienzo (al basso), Agostino Marangolo (batteria), Ernesto Vitolo (piano), Rosario Jermano (percussioni) e la partecipazione di Elisabetta Serio al piano.
Procede per gradi l’artista napoletano. Ce li fa conoscere uno dopo l’altro gli amici di sempre, i compagni di strada di quella melodia nata sotto il Vesuvio.
Prima però, l’ospite d’eccezione della serata: Alessandra Amoroso che accompagna Pino Daniele nella melodica “Quando” e in “Vento di passione” (brano famoso per il duetto Daniele-Giorgia).
E poi lo spazio è tutto per loro. Altri amici, che definire speciali per il percorso musicale di Pino Daniele è la cosa più giusta: un eccezionale James Senese al sax, anche lui nel progetto di “Nero a metà”. Il napoletano che si definisce “Afro-partenopeo”, regala pezzi di jazz che sembrano portarti a “New Orleans”. Sentite “Chi tene o’ mare” e resterete lÏ a pensare.
E che dire di un altro amico come l'”indiavolato” Tullio De Piscopo alla batteria.
Vengono fuori ricordi e magie musicali che con “Je so’ pazz” e il ritmo vertiginoso di “Che dio ti benedica”, solleticano le corde vocali di un Palaflorio pieno.
Si va avanti per più di due ore ripescando nei ricordi musicali che solo Pino Daniele ha saputo regalare in oltre 30 anni di carriera. “Ci sono canzoni che dopo molti anni – dice – ti accorgi che sono davvero molto attuali”.
Ed è sempre avvolgente, armonico, il suo fare di chitarra. Gli assoli di Pino Daniele sono inebrianti. Il pubblico ricambia con ovazioni da stadio quando lo sente intonare “Amici come prima”, “Resta Resta cu’ mmè” o “Io per lei”.
Finale caldo: De Piscopo continua a martellare sulla batteria. Daniele attacca con “’’O Scarrafone”. Tutti insieme a chiudere per il bis con una travolgente “Yes I Know my way”. Era il 1981.

 

 

di Gian Vito Cafaro

Pino Daniele è ancora un “nero a metà”

Torna la superband degli anni ’80
Con il cantautore partenopeo ieri sul palco del Palaflorio De Piscopo e Senese. Ospite della serata Alessandra Amoroso

 

Portatore sano di napoletanità, Pino Daniele irrompe sul palco del Palaflorio di Bari, imbracciando la sua chitarra e intonando A testa in giù.

«Nero a metà è la storia di un gruppo di amici e musicisti che viaggiavano insieme e facevano musica. Ancora adesso il viaggio continua, e vogliamo far rivivere questo suono con voi». Così il cantautore napoletano introduce il concerto Nero a metà che prende il nome dallo storico album del 1980, ricordato attraverso le successive tre canzoni (I say i’ sto ccà, A me me piace ‘o blues e l’”ancora attuale” Voglio di più).
Le luci si spengono. Un fascio di luce illumina il centro palco dove Pino Daniele (da solo con la sua chitarra acustica) interpreta Resta resta cu’mme e Amici come prima.

Il cantautore prosegue con Appocundria e Alleria, per poi introdurre Rino Zurzolo al contrabbasso ed eseguire insieme Sulo pe’ parlà. Special guest della serata è Alessandra Amoroso, accolta dal caloroso applauso del pubblico. Insieme alla cantante salentina, Pino Daniele duetta sulle note di Quando e Vento di passione, quest’ultima canzone riproposta con sonorità latine.

Con le entrate in scena del batterista Tullio De Piscopo e del sassofonista James Senese, si ricompone la superband degli anni ’80. Insieme eseguono senza sosta ‘Na tazzulella ‘e cafè, I got the blues, Je so’ pazzo, Chi tene ‘o mare e Che Dio ti benedica (conclusa con l’intro di Narcisista in azione).

Lasciando un attimo la chitarra, Pino Daniele si veste da semplice interprete vocale, proponendo una new version riarrangiata di Sotto ‘o sole. Il sound mai abbandonato di Nero a metà rivive nei brani seguenti: E so’ cuntento ‘e stà, Quanno chiove, Musica musica, Nun me scoccià e Puozze passà nu guaio.

La carriera dell’artista partenopeo è ripercorsa con successi senza tempo come Io per lei, Tutta nata storia, ‘O scarrafone e la travolgente Yes I know my way.

La serata si conclude con l’emozionante Napule è e con il pubblico in visibilio, mentre Pino Daniele e la sua band si congedano con il ritornello di A me me piace ‘o blues: «E sono mo, sono mo, sono mo».

 

 

 

di Giovanni Boccuzzi

"Nero a metà", il ritorno. Pino Daniele e i suoi: la musica di una vita

Sabato sera al Palalottomatica un appuntamento per ripercorrere 30 anni di carriera. Con lui James Senese e Tullio De Piscopo


E’ difficile, se non impossibile, non amare Pino Daniele. La sua musica, le sue canzoni, sono di quelle che è facile legare a doppio filo alla nostra vita, conservarle in qualche cassetto del cuore quando sono più sentimentali e appassionate, metterle in sintonia con le gambe quando spingono sull’acceleratore del ritmo, sedersi è ascoltarle quando sono musicali, raffinate, sorprendenti. È difficile non amare la musica di Pino Daniele perché non è mai uguale a se stessa, perché ha scavato solchi profondi nella cultura contemporanea del nostro paese, perché è ormai parte integrante della colonna sonora della nostra vita. È difficile non amare, poi, “Nero a metà”, prodigioso album con il quale più di trent’anni fa Pino si è ritagliato un posto d’onore nell’Olimpo della nostra musica, album geniale e popolare al tempo stesso, in cui creatività e ricerca si mescolavano sapientemente con l’ironia e l’intelligenza.

È difficile, quindi non andare a vedere Pino Daniele riproporre ancora una volta dal vivo le canzoni di quel disco, in un concerto come quello che terrà al Palalottomatica domani sera, accompagnato da una straordinaria band, quella con la quale diede vita a quel progetto e che ancora oggi è al suo fianco, composta da James Senese (sax), Gigi De Rienzo (basso), Agostino Marangolo (batteria), Ernesto Vitolo (piano), Rosario Jermano (percussioni), mentre l’Acoustic Set vedrà sul palco Rino Zurzolo (contrabbasso), Elisabetta Serio (piano) e la partecipazione di Tullio De Piscopo. Del resto è la formazione giusta per mettere sulla tela i colori musicali della sua tavolozza, il blues, il rock, il pop, il jazz, il funk, la melodica, le sonorità mediterranee e quelle più acustiche, in uno show che si muove sulle note dell’omonimo storico terzo album di Pino, dove protagoniste saranno le canzoni più belle di Pino Daniele, da “Quanno chiove”, al brano che dichiara la sua passione di sempre, “A me me piace ‘o blues”, da “I say i sto ccà” a “Nun me scuccià”.

E se è vero che dischi come “Nero a metà” non subiranno mai le ingiurie degli anni e resteranno sempre attualità, bellissimi, coinvolgenti, è anche vero che ascoltare dal vivo quelle canzoni ci consente ancor di più di verificarne l’attualità, e la capacità di Daniele di riproporle senza farle mai diventare oggetto di nostalgia. Pino è un grande cantante, un bravissimo autore, ma è soprattutto un’eccellente musicista, che assieme ai suoi musicisti riesce a rileggere, a interpretare, a ricostruire ogni sera in maniera diversa le sue canzoni, trasformandole in materia viva, in emozione bruciante, in commovente melodia. Ecco, dunque, l’appuntamento con Pino Daniele è di quelli che, per scrivere una frase davvero ovvia, è “da non perdere”, perché ogni concerto di Pino è un atto unico, irripetibile, diverso da tutti gli altri che ha proposto prima e proporrà ancora. Perché a differenza di molti suoi colleghi Pino Daniele è nato per suonare dal vivo, perché in concerto da il meglio di se, con la sua voce e la sua chitarra.

 

 

di Ernesto Assante

Pino Daniele: «Fiero di non essere come Vasco e Ligabue»

 

Non sarà una delle migliori estati, nel senso che la crisi si fa sentire anche nel mondo dei concerti, ma Pino Daniele ha più di un motivo per sentirsi libero e leggero.
Da tempo si è svincolato dagli obblighi della popstar e ha scelto la via del musicista che si diverte a suonare per suonare. Ed è con questo spirito che quest’estate si è messo in viaggio con una superband che conta sulle tastiere di Rachel Z, che già lavora con lui da qualche anno; sulla presenza, anche lui alle tastiere, di Gianluca Podio, da tempo direttore artistico delle band di Pino; sul basso di Solomon Dorzey; e sulla batteria di un virtuoso dello strumento come Omar Hakim, uno che nella sua carriera ha lavorato con Miles Davis e gli Weather report. Naturalmente, a completare l’organico c’è la sua chitarra di leader.

Stasera la comitiva fa tappa allo Stadio del Baseball di Nettuno con un concerto che lascia grande spazio ai talenti dei suoi interpreti durante due ore di musica in cui c’è l’occasione di ascoltare i pezzi traino che fanno parte dell’ultimo cd del cantautore napoletano, La grande madre, dal brano che dà il titolo al disco (la grande madre di cui si parla è l’Africa).

Da Melodramma, una ballad che cerca di tenere insieme i suoni della chitarra con la tradizione del bel canto, alla rivisitazione di Wonderful tonight dell’amico Eric Clapton, tradotta in italiano dallo stesso Daniele. «L’idea è nata nei camerini di Cava dei Tirreni prima del concerto che abbiamo fatto insieme l’ estate scorsa ha raccontato Pino . La cosa buffa è che a lui il pezzo non piace, si scoccia di suonarlo. Gli ho detto io di farlo. Poi visto che in inglese non mi veniva bene ho scritto le parole in italiano». Infine, Searching for the water of life, dedicato all’associazione internazionale Save the children.

Ma fra i trenta titoli in programma c’è anche un ampio ricorso a quello splendido repertorio sedimentato in trentacinque anni di carriera, tanti quanti ne sono passati dal folgorante debutto discografico del 1977 con Terra mia, passando da Napul’è a Che male c’è, a Je so’ pazzo, a A me me piace ’o blues, a Io per lei, a Yes I know my way, eccetera, eccetera. Il tutto con lo spirito del musicista più che da cantautore. Dice: «Mi sento un chitarrista che canta, non posso fare dischi alla David Guetta, non mi interessa scrivere canzoni che siano adatte alla radio».

Lo stesso spirito anima La grande madre, tributo alla musica che lo ha formato e che ha amato per tutta la vita e che si muove in un territorio fertile dove si incrociano, jazz, blues, pop, latin, rock.

Si tratta, infatti, di un album della libertà, anche perché finalmente realizzato in proprio, svincolato da contratti con le major. «Basta continua Daniele farsi approvare i dischi da qualche testa pelata della discografia».

E’ la sua linea. L’album l’ha impostato su un sound riconoscibile, che non concede nulla all’apparato extra musicale. E che, sempre più spesso, accompagna le esibizioni concertistiche del mondo rock: «Uto Ughi mica si mette a dire barzellette: suona e basta», rivendica oggi Pino, che ci tiene a specificare di «non essere fenomeno di costume come Vasco e Liga» o, almeno, di non esserlo più.

E, anzi, addirittura proclama: «Non faccio parte del mondo dello spettacolo, forse ne facevo parte vent’anni fa, ma oggi mi sento spesso un pesce fuor d’acqua».

 

di Marco Molendini

(Martedì 14 Agosto 2012)

Pino Daniele al Neapolis Festival tra nuovi brani e grandi classici

 

Non siamo negli anni ’80 al concerto di Piazza del Plebiscito dove le presenze ufficiali contavano 200.000 persone né parliamo del concerto a Cava dè Tirreni del 1993 dove la folla in delirio invade lo Stadio Simonetta Lamberti per assistere ad uno dei concerti più memorabili, da cui è tratto l’album“E Sona Mò”. Ma siamo nel 2012, Campo Sportivo G. Troisi a Giffoni Valle Piana, Pino Daniele in scena al Neapolis Festival che quest’anno vede per la prima volta la fusione con uno dei festival più importanti al mondo: il Giffoni Film Festival. Il tour La Grande Madre, tratto dall’omonimo album, porta il bluesman italiano in giro per l’Italia e anche all’estero (a in europa e negli USA a New York, Boston, Washington D.C.)  che ha già fatto registrare il tutto esaurito. Cambiano i musicisti, cambiano gli scenari, il tempo passa. Ma il sorriso, la magia dell’arpeggio di chitarra autentico, unico ed inimitabile restano ancora intatti. Ciò che si ascolta nei cd – nelle registrazioni studio, cioè – lo si apprezza dal vivo; questo è il talento che madre natura è capace di regalare.

Oltre 6.000 i presenti al Campo Sportivo G. Troisi di Giffoni Valle Piana per il primo di una serie di concerti che vedranno esibirisi tra gli altri Caparezza, Club Dogo, Dinosaur Jr., Il Teatro degli Orrori, Tre Allegri Ragazzi Morti ePatti Smith. Per quest’ultima si contano già 10.000 biglietti venduti. La folla si spalma in lungo e in largo al Campo Sportivo, le famiglie con bambini a seguito si posizionano sulla tribuna in posizione laterale rispetto al palco, mentre i più affezionati si affannano per aggiudicarsi il posto in prima fila, con l’addome poggiato sulle transenne. Molti giovani presenti, ragazzi e ragazze accorsi da ogni parte della Campania ed anche qualche nostalgico che si lascia andare tra una birra ed un aneddoto (una signora intratteneva un comizio con un gruppo di amiche lasciando riaffiorare i ricordi che la legano a quel 22 Maggio 1993, il concerto a Cava dè Tirreni). L’aria umida e poco ventilata non scoraggia nessuno dei presenti, impazienti solo di veder spuntare dal backstage la sagoma di uno dei musicisti più influenti del panorama musicale italiano, capace di regalare canzoni entrate di diritto nell’immaginario – e nel cuore – collettivo.

Il repertorio conta 23 canzoni tra successi degli anni ’80 e canzoni tratte dall’ultimo album “La Grande Madre”. Ilcorpus di canzoni che propone la scaletta viaggia all’unisono con quello che è l’intento dell’artista stesso: ripercorrere con il suo pubblico le tappe principali che hanno segnato un’intera generazione, nonchè la propria storia personale. Certo anche la band è cambiata (non ci sono gli storici James Senese, Tullio De Piscopo e Tony Esposito) ma le new entry non hanno nulla da temere ma tutto da dimostrare. E lo spettacolo si lascia apprezzare in pieno. Alla batteria Omar Hakim, Rachel Z al piano, Solomon Dorsey al basso (che per l’occasione sfoggia un abbigliamento da scolaretto) e Gianluca Podio programmazioni e tastiere riescono a creare quell’alchimia con il tocco aulico ed unico della chitarra di Pino Daniele, mentre il pubblico ci pensa da sé a cantare a squarciagola tutti i grandi successi e non solo. Del resto, se Pino Daniele ha comunque perso in parte quell’incazzatura che si apprezzava nelle sue canzoni, quella voglia di rivoluzione che ogni giovane non disprezza, ora si può apprezzare la musica; come i bluesman nati e cresciuti nel Mississipi hanno incarnato una generazione, anche l’Italia non è da meno per gli amanti della buona musica.

L’inizio era previsto per le ore 22:00 ma alle 21 e 50 si spengono i riflettori del Campo Sportivo per far posto a quelli che illuminano il palco. Nel frattempo il pubblico da circa un’ora comincia a scaldare voce ed anima, impaziente e pretenzioso di veder spuntare il loro idolo. Lo show si divide in tre parti: la prima parte vede la chitarra e la voce di Pino Daniele, una jam session inserita nell’ultimo album (Coffee Time – ‘O frà), un unplugged chitarra acustica e voce e la band. Si comincia con “Invece no” (Un Uomo in Blues – 1991), “Amore senza fine” (Yes I know My Way – 1998), “Quando” (Yes I Know My Way – 1998), “Se mi vuoi” (Non calpestare i fiori nel deserto – 1995),“Putessse essere allero” (Pino DanielOmar Hakim & Pino Danielee – 1979) cantati in sequenza chitarra elettrica e voce senza che il pubblico avesse modo di realizzare, cinque grandi successi piombano nelle orecchie e nel cuore dei presenti e qualcuno si lascia trasportare in un nostalgico ricordo. Subito dopo la jam sessione presente nell’ultimo album con le canoni “Coffee Time” e ” ‘O Frà”. Qui si apprezza in pieno la bravura e la tecnica dei musicisti che accompagnano Pino Daniele in questo tour. L’atmosfera è sublime, sembra di essere in una taberna con un gruppo di amici che improvvisano delle note di blues in sequenza. Chiusa la parentesi strumentale, avanti la band all’unisono.

Il primo singolo estratto dall’ultimo album, “Melodramma” ed un salto nel passato con “A testa in giù”(Nerò a metà – 1980) l’album che ha consacrato la stile di Pino Daniele. “Stare bene a metà” (Dimmi cosa succede sulla Terra – 1997) e il successo planetario di “Napul’è” (Terra Mia – 1977). Ancora, “Dubbi non ho” (Dimmi cosa succede sulla Terra – 1997) e “Che male c’è” (Dimmi cosa succede sulla Terra – 1998); segue una splendida versione piano e voce di “Quanno Chiove” (Nero a metà – 1980) e “Anna verrà” (Mascalzone Latino – 1989). E arriva così il medley in old style: Piano Daniele imbraccia la sua chitarra acustica e si lascia accompagnare dalla voce del pubblico e dai musicisti sulle note di “I Still love You” (La Grande Madre – 2012),“Je sò Pazzo” (Pino Daniele – 1979), “Boogie Boogie Man” (Boogie Boogie Man – 2010), “Io per Lei” (Non calpestare i fiori nel deserto – 1995), “A mè me piace ‘o blues” (Nero a Metà – 1980). Ancora due pezzi tratti dall’ultimo album “Niente è come Prima” e “La Grande Madre” prima di concedersi una breve pausa di 5 minuti mentre il pubblico non contento invoca a gran voce “Pino, Pino Pino, Pino”. Sembra essere tornati indietro nel tempo, seppure è un’effimera illusione.

E’ arrivato così il tempo delle ultime due canzoni: “Che Dio ti Benedica” (Che Dio ti Benedica – 1993) e il successo di “Yes i Know My Way” (Vai mò – 1981) dove ha cantato per intero il pubblico protagonista della serata mentre i musicisti si divertivano sul palco. 23 canzoni per un totale di 1 ora e 45 minuti di musica, un giro su e giù per la storia (quella italiana s’intende) e la consapevolezza che la musica di qualità, ancora una volta, è sempre padrona in un palcoscenico mondiale che a tutto bada tranne che alle emozioni.

 

di Angelo Moraca