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Pino Daniele: standing ovation all’Arena di Verona

   02 settembre 2014

Il concerto evento con le canzoni di Nero a metà

La standing ovation dei diecimila spettatori dell’Arena di Verona ha salutato ieri il finale del concerto di Pino Daniele, visibilmente emozionato e soddisfatto per una serata magica. La riproposizione di Nero a metà con il gruppo originale dell’epoca, il sontuoso accompagnamento sinfonico dell’orchestra Roma Sinfonietta e i riusciti duetti con Mario Biondi, Elisa, Emma, Francesco Renga e Fiorella Mannoia sono stati gli ingredienti di un’esibizione che il Mascalzone Latino non dimenticherà facilmente.

Unico assente, tra gli ospiti previsti, è stato Massimo Ranieri, che ha cancellato all’ultimo momento la sua partecipazione per un problema personale, ma il cantattore dovrebbe recuperare in una delle prossime cinque date del concerto-evento. Chi ieri non era presente all’Arena di Verona, infatti, potrà rifarsi nel tour invernale di Nero a metà, che farà tappa l’11 dicembre a Bari, il 13 dicembre a Roma, il 16 e il 17 dicembre nella sua Napoli, per concludersi il 22 dicembre a Milano. L’evento, trasmesso in diretta su Radio Italia, si è aperto con Terra mia, resa ancora più suggestiva dall’arrangiamento sinfonico. 

Il primo duetto della serata è stato quello con Elisa, per la prima volta insieme sullo stesso palco, anche se dall’affiatamento in Quando non si direbbe. Dopo è il momento di Francesco Renga, che interpreta con Pino ed Elisa Voglio di più e solo con il cantautore napoletano Musica musica. Fiorella Mannoia, definita da Daniele “mezza napoletana”, regala grandi emozioni con Senza te e E so cuntento e sta. L’ospite più applaudita, merito anche delle sue onnipresenti fan, è stata Emma Marrone, grintosa e ironica come non mai in  Je so’ pazzo e Nun me scoccià. Mario Biondi ha già collaborato diverse volte con Pino e si sente, sia in Sotto ‘o sole che nell’iconica A me me piace o’ blues, dove il vocalist ha potuto sfruttare al meglio la sua prodigiosa voce black. Il pubblico applaude ripetutamente, anche se qualcuno avrebbe preferito qualche duetto di meno. Sulla scaletta, invece, nulla da dire, con tutti i brani di Nero a metà, riproposti dalla formazione originale del 1980: James Senese al sax, Gigi De Rienzo al basso, Agostino Marangolo alla batteria, Ernesto Vitolo al pianoforte e alle tastiere, Rosario Jermano e Tony Cercola alle percussioni. “Quando lo registrammo –ha detto Pino-non pensavamo ai soldi, alle serate, a cosa sarebbe successo dopo. Non avremmo mai immaginato un exploit così”. Senese ha cantato Puozze passà nu guaglio ed è stato simpaticamente “bersaglio” di Daniele quando,a proposito dei tanti anni passati dall’uscita dell’album, ha detto: “Tutti abbiamo oggi i capelli bianchi, tranne Senese che resta uguale”. Finale da brividi, con tutti i cantanti e i musicisti sul palco a interpretare Napule è e Yes I know my way, due inni che sembrano scritti apposta per salutare il pubblico. Il concerto di Nero a metà non è stato solo una celebrazione di un album storico, ma una grande festa in musica che, se fatta bene come in questo caso, non invecchia mai.

 

di Gabriele Antonucci

Pino Daniele show all’Arena di Verona

 

Lei è napoletano? Emigrante? Chissà, ci fosse statoTroisi forse avrebbe scherzato così con il suo amico Pino, ricordando il dottore tedesco di Ricomincio da tre. Ma Pino Daniele, 60 anni il prossimo Marzo, è uno che, come il Gaetano del film, viaggia pe’ cunoscere e far conoscere la sua musica, ritmo napoletano ma universale.
E così l’Arena di Verona, scenario magico e suggestivo, è diventata la casa di un concerto evento nato per celebrare Nero a metà, disco simbolo del cantautore partenopeo, considerato da Rolling Stones Italia tra i 100 album più belli di sempre. Una serata speciale impreziosita da duetti vecchi e nuovi, daFiorella Mannoia a Emma, da Mario Biondi a Elisa, passando per Francesco Renga, introdotto da Pino con una frase che sa di politica, di critica sociale: “Lui è bresciano, ama la mia musica e io la sua, a dimostrazione che non esistono barriere”. Il riferimento è alla spaccatura tra nord e sud, ai cori di discriminazione che si sentono negli stadi italiani, al sentimento di divisione che immobilizza l’Italia e la fa scivolare sempre più indietro.
Il concerto si apre con Terra mia e l’accompagnamento dell’orchestra Roma Sinfonietta: “Comme è triste e comme è amaro sta assettato ‘a guardà” canta Pino, oggi come trent’anni fa. Elisa è il primo ospite ad entrare in scena suQuando, intramontabile dichiarazione d’amore scritta per Pensavo fosse amore invece era un calesse. Poi arrivaViento ‘e terra, prima di lasciare spazio al Daniele moderno, quello delle canzoni d’amore: Pigro, Sara, Occhi chesanno parlare, Io per lei, Mareluna e tante altre. Sul palco con il Nero a metà sale Fiorella Mannoia, saluta il pubblico e lo “avverte” delle mancate prove a causa di un ritardo aereo, ma quando insieme intonano Senza ‘e te il pubblico si scioglie in un applauso scrosciante, premio a due artisti raffinati. Emma è la star più giovane, canta con Pino Jeso’ pazzo e Nun me scuccià, pezzi più adatti alla sua carica. Mario Biondi incrocia la sua voce graffiante con quella dell’amico napoletano ed il risultato è una splendida versione di Sotto ‘o sole, prima di una esplosiva ‘A me me piace‘o blues. Elisa e Renga tornano insieme per cantere Voglio di più, la Mannoia bissa con E so’ cuntento ‘e sta.Quanno chiove è un capolavoro senza tempo, Puozze passà nu guaio vive di rabbia insieme alla voce del mitico James Senese.
L’Arena apprezza e vorrebbe fermare il tempo: Alleria e Appocundria sono due sentimenti contrapposti ma paradossalmente vicini. Nel finale gli artisti si riuniscono tutti insieme per cantare Napule è, prima di lasciare spazio all’attore principale, che chiude la serata con una fantastica Yes I know my way insieme alla band di Nero a metà: Agostino Marangolo alla batteria, James Senese al sax, Rosario Jermano e Tony Cercola alle percussioni, Gigi De Rienzo al basso, Ernesto Vitolo alle tastiere. Con loro ci sono anche l’amico di sempre Rino Zurzolo al basso, Alfredo Golino alla batteria e le new entry Daniele Bonaviri alla chitarra e Elisabetta Serio al piano.
Gli applausi si sprecano, la standing ovation è meritata. Pino Daniele conferma la capacità di proporre spettacoli musicali sempre nuovi, anche se le canzoni hanno trent’anni e passa. A Verona non c’è solo Napoli, ma l’Italia intera è corsa all’Arena per assistere all’evento. Non emigranti, ma forse si. Perché è un vero peccato che un orgoglio della città non possa avere nella sua terra la possibilità di un evento del genere e debba accontentarsi dei pochi posti del Palapartenope, l’unica location in grado di regalare Pino ai suoi concittadini. E’ un dettaglio, anzi no.

 

 

di Pierpaolo Orefice

Pino Daniele, tre concerti in uno all’Arena di Verona per celebrare Nero a metà

Pino Daniele è tornato all’Arena di Verona per celebrare Nero a metà. Grande serata con ospiti speciali. La recensione del concerto del 1 settembre 2014.

Tre concerti in uno. Con l’orchestra, con l’ultima band e con il gruppo di un tempo. Si tratta del resto di una serata celebrativa per festeggiare Nero a metà, uno degli album più rappresentativi di Pino Daniele, che segnò uno spartiacque nella musica italiana. Un disco che coniugava tradizione napoletana, blues e musica nera e cantautorato italiano. E per festeggiare quell’opera (e un po’ anche se stesso) l’artista napoletano ha voluto fare le cose al meglio: location delle grandi occasioni, non uno ma ben cinque colleghi ospiti sul palco e tutti gli amici di una vita ad accompagnarlo, da Gigi De Rienzo a James Senese. Dopo la breve intro orchestrale si parte con Terra mia, «uno dei primi brani che ho scritto». Tutta la prima parte è un best of con tutto il meglio della sua carriera. Già sul secondo pezzo esce Elisa per duettare con grande complicità sulle note di Quando. La prima ora scalda il pubblico dell’Arena di Verona con i classici più amati, che molti cantano dalla prima all’ultima nota.

Pigro è una delle vette della serata, con Pino alla chitarra classica e un arrangiamento con tutta l’orchestra Roma Sinfonietta che dona un’atmosfera eterea e magica a un brano che già di suo trascina i cuori degli spettatori. È poi la volta di Sara non piangere, che il pubblico riconosce immediatamente grazie all’intro di chitarra. Stesso esito per Resta resta cu’ mme, che scatena un applauso tale da far pensare di essere in Piazza del Plebiscito a Napoli e non in un’Arena di Verona fredda in quanto a clima, ma scaldata dalla presenza di 10mila persone. Tocca a una cara amica del cantautore accompagnarlo sulle note di Senza ‘e te: Fiorella Mannoia regala il duetto forse più intenso della serata, merito certo della complicità nata nel tour 2002 che i due avevano fatto insieme anche a Ron e Francesco De Gregori. Ma sono tutte le collaborazioni della serata a funzionare, trasformandosi spesso in vere e proprie jam session voce-strumenti-orchestra. Ed Emma è un’altra grande sorpresa con un Je so pazzo molto graffiata, che se da una parte perde il tono originale, assume una chiave più soul. Chiudono la prima parte di serata Io per lei e Anima, applauditissime dal pubblico.

È il momento di Nero a metà, che viene suonato integralmente con un ordine di canzoni solo lievemente mutato. Pino chiama gli amici di un tempo Gigi De Rienzo (basso), Agostino Marangolo (batteria), Ernesto Vitolo (piano e tastiere), Rosario Jermano (percussioni) e Tony Cercola (bongos). L’ultimo a uscire sul palco è James Senese, al quale è riservato un vero tripudio. Il cantautore napoletano chiama poi Mario Biondi per Sotto ‘o sole, canzone che in realtà chiudeva l’album ma che in questa occasione è perfetta per aprire la celebrazione. Subito dopo tocca a I say i’ sto ccà, talmente perfetta tra la voce di Pino e il sax di Senese che l’Arena si trasforma in uno stadio tributando ovazioni e cori al cantante. Da qui in poi la celebrazione si trasforma in festa e gioia. Esce Francesco Renga per Musica musica, poi è ancora Pino a prendersi la scena per Quanno chiove ePuozze passa’ nu guaio, prima che di nuovo Renga ed Elisa lo accompagnino insieme per Voglio di più. E dopo le delicate Appocundria e Alleria è di nuovo magia con Mannoia su E so’ cuntento ‘e stà’, prima della chiusura con A testa in giù, Nun me scoccià’ con Emma e A me me piace ‘o blues con Mario Biondi. Il pubblico è in delirio e Pino decide di non finire così. Mancano ancora un paio di capolavori.

I bis si aprono sulle note di una Napule è corale cantata con gli ospiti della serata, mentre la chiusura finale è lasciata a Yes I Know My Way, con le due band fuse insieme per dare un senso definitivoalla serata, tra i fasti del passato e un presente che ha ancora molto da dire. Sono passati più di vent’anni da quando ho ascoltato Pino Daniele per la prima volta. È stato il primo artista che ho visto dal vivo. Era un concerto nell’ambito di Umbria Jazz e io mi addormentai dopo poche canzoni sul pratone del festival in mezzo a migliaia di altre persone. Avevo sette anni. Al mio risveglio a fine esibizione mio fratello maggiore mi stava bonariamente insultando perché mi ero perso tutto il meglio. Credo, questa sera, di essermi ripreso quel meglio con gli interessi. Perché comunque fosse realmente andata allora, difficilmente posso immaginare due ore e mezzo di musica più intense di questa celebrazione di Nero a metà all’Arena di Verona. Per chi se lo fosse perso, Pino si ripeterà a dicembre a Bari, Roma, Napoli e Milano.

 

di Alvise Losi

Pino Daniele & Friends, serata speciale in Arena

Verona s’infiamma per il concerto del cantante napoletano. Sul palco con lui Elisa, Mannoia, Emma

Inizia alle 21.15 in punto accolta dall’ovazione di un anfiteatro folto di pubblico, caldo ed entusiasta. È la «serata speciale» di Pino Daniele che lunedì sera ha acceso l’Arena di Verona in una notte serena, tiepida e illuminata dalla luna, una rara eccezione nell’estate autunnale di quest’anno. Che sia una serata speciale, come più volte ricorda Pino Daniele, lo si è capito dalle prime note, quelle di «Terra mia», «il primo brano che ho scritto», ha spiegato l’autore. Quelle di «Quando» con la presenza, accanto alla band, dell’orchestra sinfonica Roma Sinfonietta diretta da Gianluca Podio, si fanno ancora più struggenti nel duetto con Elisa.

Elisa è solo una delle ospiti di una serata intitolata all’album del 1980 «Nero a metà», una serata che rappresenta il bilancio di una carriera artistica, dove la carica innovativa del blues italiano di Pino dei tempi di «Nero a metà», si ritrova in quel giocare con i ritmi con cui le canzoni memorabili del napoletano vengono rilanciate, latino americani, jazz, reggae e via dicendo. Un gioco che quando entra in scena la storica band del 1980 con James Senese, salutato dagli applausi incontenibili del pubblico, si fa veramente magico. Canta la canzone per Sara, la figlia che, racconta il chitarrista napoletano, «quando ho suonato qui aveva due anni, e che ora ne ha diciotto e sta in mezzo al pubblico», e poi tornano i duetti con quelli che Pino Daniele definisce i suoi amici più che gli ospiti: Fiorella Mannoia (che approdata in Arena dopo un ritardo dell’aereo confessa di non aver provato) che esalta la poesia di «Senza ‘e te», poi Emma («artista che amo molto perché è pazza come me”», che fa esplodere «Je so pazzo». «Sotto ‘o sole» esce dal confronto di due voci così diverse, quella unica di Pino Daniele e quella profonda di Mario Biondi che omaggia così colui che considera il suo maestro. E infine Francesco Renga che reinterpreta a suo modo «Musica musica», e cantare «la musica è tutto quello che ho», dà il senso a tutta la serata con il suo emozionante sguardo evocativo. Poi è tutto un inanellare di perle, da «I say i’ sto ccà» a «Quanno chiove» e «A me me piace ‘o blues», finché gli amici non si ritrovano tutti sul palco per intonare «Napul’è», certo non molto provata ma di sicuro molto sentita. E con «Yes I know my way» si chiude una serata che più che speciale è stata indimenticabile.

 

di Camilla Bertoni

Pino Daniele, Nero a metà forever

Trionfo all’Arena di Verona, meglio la superband dei duetti. Si replica a Napoli in dicembre: “E l’anno prossimo un album di inediti”

«I say i’ sto ccà». Il Nero a metà è contento di essere di nuovo qui, «con la stessa voglia di fare musica di allora, con gli stessi amici-compagni di avventura di allora, più tanti nuovi». Pino Daniele infila il concerto-celebrazione del suo terzo, storico, album, tra un’«Aida» e una «Madame Butterfly», ha preso gusto a rimettere mano nel suo canzoniere vintage, a considerare ogni concerto come una session-storia a parte. I diecimila dell’Arena di Verona si godono l’evento con lui: «Me siento ‘a guerra, il resto non lo so».

A 59 anni il Mascalzone latino si sente davvero «’a guerra», si diverte, pazzea con la chitarra classica, vecchio amore ritrovato, mettendo da parte i plettri, parea con l’orchestra (la Roma Sinfonietta diretta da Gianluca Podio), passione messa da poco alla prova del palco. Torna sul luogo del delitto – un album storico, una «cornice di cui spero di essere degno», da cui iniziò la sua carriera grazie al Festivalbar, dove lanciò «Je so pazzo») – con la consapevolezza di un maestro che vuole attraversare con dignità gli anni del suono di plastica. Elisa, Francesco Renga e Emma sono «giovani con cui mi piace mettermi alla prova», Mario Biondi «un fratellone che divide con me la passione per il jazz e l’improvvisazione», Fiorella Mannoia «un’amica antica». Massimo Ranieri non c’è, problemi dell’ultimo minuti l’hanno costretto a dare forfait: «Spero che potremo recuperare quello che avevamo preparato, un’omaggio all’arte di Eduardo, tra teatro e cinema, nel trentennale della scomparsa».

Qualcuno ipotizza che la coppia verace possa spuntare sul palco del Palapartenope il 16 e 17 dicembre: «La risposta di pubblico ci ha convinti a mettere in piedi un minitour, senza orchestra, con un ospite per tappa. Ma è presto per parlarne»: l’11 dicembre a Bari, il 13 a Roma, poi Napoli appunto («per quest’anno facciamo questa cosa qui, nel 2015 riprenderemo la tradizione di “Tutta n’ata storia”»), il 22 a Milano. Al centro dell’operazione la second life di un disco appassionato e appassionante, dove si vedevevano «compagni» che chiedevano poltrone e bambini morire, dove si voleva di più di quegli anni amari (e figurarsi di quelli attuali). «All’epoca eravamo giovani, non capivamo che cosa stavamo facendo, oggi ci siamo resi conto di quale cocktail di poesia e suoni avessimo messo insieme», spiega Agostino Marangolo, batterista originale di «Nero a metà», presente con quasi tutti i compagni di studio dell’epoca: «Il formidabile James Senese al sassofono, che è uno dei motivi per cui credo ancora nella musica, Gigi De Rienzo al basso, Ernesto Vitolo al piano e le tastiere, Rosario Jermano e Tony Cercola alle percussioni», spiega Daniele, che però non ha rinunciato ai suoi attuali colleghi di tour: «Rino Zurzolo, un altro dei miei punti di riferimento sicuri, al contrabbasso, Daniele Bonaviri alla chitarra classica, Elisabetta Serio al piano e Alfredo Golino alla batteria».

L’inizio è orchestrale («Terra mia»), la prima parte dello show è antologica, la seconda si concentra su «Nero a metà», il cuore del concerto più che nei duetti poco centrati sta nel set acustico, nel doppio affondo di «Appocundria» e «Alleria». Elisa si misura subito con «Quando», Renga la segue con «Musica musica», Pino li mette insieme per «Voglio di più». Biondi si scatena in «Sotto ‘o sole» e «A me me piace ‘o blues». Emma esagera come sempre in «’I so pazzo» e «Nun me scuccia’», Fiorella Mannoia è misurata come sempre in «E so’ cuntento ‘e sta» e «Senza ‘e te». Il finale collettivo è riservato a «Napule è» e «Yes I know my way». Le due band si alternano, Senese è il solito, gigantesco, sassofono che ulula alla luna, ma fa sentire anche la sua voce nell’esorcismo di «Puozze passa’ nu guaio».
«I say ‘i sto ccà» come «Voglio di più», come «A testa in giù», come il capolavoro assoluto “Quanno chiove” sono madeleine danieliane che mandano in sollucchero il pubblico: «Questo è un atto d’amore e perseveranza, non di celebrazione e di nostalgia», ricorda Pino, che non si nega, dietro le quinte, a commentare il caso del concerto dei 99 Posse, non graditi a Verona perché «comunisti e napoletani»: «Quando la musica è militante rischia di finire nel mirino. Io non faccio politica, oggi meno che mai, ma da uomo di sinistra mi è capitato di essere stato giudicato da uomini di destra, che sapevano come la pensavo e quindi…». E quindi si gode lo sfizio di far cantare tutta l’Arena nel suo dialetto, anzi nella sua lingua.

Il neapolitan power, intanto, trova nuovi eredi: «Il rap sta a Clementino e Rocco Hunt come il blues e il rock stava a noi. L’hip hop in Italia ha due facce: a Milano fa i conti con il cemento, a Napoli con le radici». Pino conosce la sua strada, anche quando guarda indietro: «L’anno prossimo faccio un disco di inediti, ho cose nuove da dire, ma soprattutto da suonare». Perchè, ancora e sempre, «musica, musica, è tutto quel che ho».

 

di Federico Vacalebre

Pino Daniele, festa esplosiva tra duetti e tanta musica per "Nero a metà"

Con Emma, Fiorella Mannoia, Mario Biondi, Francesco Renga, Fiorella Mannoia e Massimo Ranieri per il concerto evento dedicato ai 30 anni dello storico disco

Una serata ricca di amici, colleghi ma anche un evento musicale speciale. Pino Daniele ha festeggiato ieri all’Arena di Verona i 34 anni dello storico album “Nero a metà” e 30 dal primo concerto in Arena. Band e orchestra hanno eseguito la scaletta ricca di hit accompagnando oltre Pino anche Emma, Fiorella Mannoia, Francesco Renga e Mario Biondi per oltre due ore fitte di festa della musica.

Una festa resa possibile anche grazie alla presenza della band originale con cui il cantautore partenopeo ha inciso “Nero a metà”, capeggiata da James Senese, a cui si è aggiunta la band attuale e 50 elementi dell’orchestra sinfonica Roma Sinfonietta, diretta dal Maestro Gianluca Podio. Lo spettacolo è iniziato con una atmosfera “di ascolto” intimo con l’orchestra sulle note di “Terra mia”. Emozionante il duetto con Elisa su una delle canzoni più belle del repertorio di Pino Daniele “Quando“. Ottimo feeling sul palco con Fiorella Mannoia in “Senza e’ Te” e “E so cuntento e sta” nonostante la cantante non abbia potuto provare nel pomeriggio a causa di un ritardo aereo di nove ore. Bell’impasto di voci con Pino, Francesco Renga e il ritorno di Elisa per “Voglio di più“, mentre solo con Renga ha duettato su “Musica musica“, “A me me piace o blues” e“Sotto o sole” sono stati i brani scelti da Mario Biondi mentre Emma felicissima di stare sul palco con Pino Daniele ha interpretato con entusiasmo “Nun me scuccià” e “Je so pazzo“. Gran finale con “Napule è” e “Yes I Know My way” con tutti gli ospiti e l’orchestra.
“Quella degli ospiti è una partecipazione particolare: – ha spiegato il cantautore poco prima del live – sono contento che Elisa partecipi, la seguo dagli inizi, la stimo molto, anche se questa è la prima volta che collaboriamo. Mario è come un fratello, gli piace il jazz, come piace a me mentre con la Mannoia siamo amici da tempo, abbiamo anche suonato all’Arena insieme”. E proprio alla location veronese Daniele è molto legato: “Dell’Arena mi ricordo benissimo e con emozione il mio esordio al Festivalbar, con ‘Je So Pazz. E’ un posto magico, all’epoca non mi conosceva nessuno, non sapevo come sarebbe andata e alla fine è andata bene”. Come è andata bene anche la serata soprattutto la seconda parte dedicata al disco “Nero a metà” con il pubblico che scattava in piedi in visibilio. Ed è straordinario come i brani siano ancora attuali a distanza di 34 anni: “Ci siamo divertiti molto facendo questo disco, senza renderci conto che stavamo facendo ‘la storia’. Forse per questo è ancora fresco oggi”, ha detto Pino.
Per precisa volontà dell’artista non si farà né un dvd né un disco tratto da questo evento, c’è stata solo radiocronaca su RadioItalia. E per chi non c’era previste 5 nuove date esclusive “Nero a metà” e in ognuna delle tappe ci sarà un ospite che non ha potuto partecipare a Verona: l’11 dicembre a Bari (Pala Florio), il 13 dicembre a Roma (Palalottomatica), il 16 e il 17 dicembre a Napoli (PalaPartenope), il 22 dicembre a Milano (MediolanumForum- Assago).

 

di Andrea Conti

Pino Daniele si racconta a Sorrisi alla vigilia del suo concerto-evento all’Arena di Verona

   28 agosto 2014

Ha suonato con i più grandi: da Pat Metheny a Chick Corea. Da Gato Barbieri a Eric Clapton. E poi Richie Havens, Noa, Simple Minds, Gino Vannelli. Oltre al gotha della musica italiana, naturalmente. Eppure Pino Daniele, 60 anni il prossimo 19 marzo, non nasconde un pizzico d’emozione per il prossimo evento: il concerto-celebrazione sulle note dello storico album «Nero a metà», pubblicato nel 1980 e da poco ristampato in una versione rimasterizzata zeppa di chicche e rarità.

Con lui sul palco dell’Arena di Verona, il primo settembre, ci saranno anche tanti amici: Mario Biondi, Elisa, Emma, Fiorella Mannoia, Massimo Ranieri e un’orchestra di 50 elementi diretta da Gianluca Podio. «È vero, salire su quel palco sarà un’emozione particolare», conferma Pino. «Perché l’Arena è stato il primo palcoscenico importante che ho calcato. Fu grazie a Vittorio Salvetti, che mi invitò al Festivalbar. A quei tempi era una manifestazione importantissima».

 

E lei presentò un pezzo scandaloso per l’epoca, «Je so’ pazzo», che si concludeva con una parolaccia. Il brano non passava in Rai e molte radio lo sfumavano prima del finale.

«Oggi con quello che si sente in tv farebbe ridere. Eppure è così. Però quella frase non era gratuita e neppure volgare, c’era una certa ironia napoletana in quell’invito a non “scassarmi”».

Perché ripartire da «Nero a metà»?

«Ogni tanto è bello guardare indietro. Quell’album ha segnato la mia carriera (ancora oggi è considerato tra i 100 dischi italiani più belli di sempre, ndr) ed è bellissimo potersi ritrovare con la band dell’epoca: James Senese, Ernesto Vitolo, Gigi De Rienzo, Agostino Marangolo, Rosario Jermano e Tony Cercola».

Tra i suoi meriti c’è anche quello di avere imposto il dialetto napoletano nel pop. Allora, il più importate cantautore napoletano, Edoardo Bennato, cantava in italiano. Nessuno fece resistenze?

«No, fu un passaggio naturale. Io mi esprimevo nella mia lingua, non avrei potuto fare un disco tutto in italiano».

C’è qualche aneddoto legato alla realizzazione di quel disco?

«Più che un fatto particolare ricordo l’atmosfera. Lo incidemmo allo Stone Castel Studio di Carimate, sul lago di Como. Un posto fantastico! Al tempo era all’avanguardia, davvero il massimo. In quel castello ci si poteva immergere totalmente nel lavoro senza interferenze e ci incontravi tutti: De André, Vasco Rossi, Lucio Dalla, Venditti. Si facevano grandi chiacchierate in riva al lago ed era bellissimo perché all’epoca non era tanto frequente per gli artisti italiani incontrarsi. Nessuno collaborava con nessuno. Ci sono tornato di recente, gli studi non esistono più. Ci hanno fatto un albergo».

A proposito di collaborazioni. Anche in questo lei è stato un pioniere, nonché il primo italiano a incidere con grandi artisti stranieri.

«Sì, e anche questo accadde molto naturalmente. Io non sono uno a cui piace tanto apparire e allora non c’era tutto questo marketing che c’è oggi, il business non aveva ancora preso il sopravvento. Credo che certe collaborazioni non siano possibili se non s’instaura un feeling tra gli artisti, se non c’è un reale rispetto reciproco».

Immagino che anche per lei molti di quei nomi, prima che colleghi, fossero dei miti. Ce n’è uno che l’ha impressionata in particolare?

«Non si diventa così grandi per caso. Tutti avevano grande personalità, ma se devo fare un solo nome dico Eric Clapton. Abbiamo suonato insieme a Cava de’ Tirreni davanti a 16.000 spettatori e io ho cantato in italiano una strofa di “Wonderful Tonight”».

Non a caso Clapton è un chitarrista, come lei…

«Che ci posso fare? La chitarra è una malattia. Io in tanti anni non ho ancora capito se preferisco quella acustica o quell’elettrica».

Ma si sente più un musicista o più un cantautore?

«Io mi sento un ricercatore. La musica è ricerca continua e io non ho mai smesso di coltivare la mia».

Ha scritto tante colonne sonore. Non le è mai venuto in mente di tentare la regia, come i suoi colleghi Ligabue e Battiato o addirittura di fare l’attore come Guccini?

«No, per carità, si fa già fatica a far bene una cosa! Io le colonne sonore le ho sempre fatte per amicizia, come per Massimo Troisi, ma mai su commissione. Non ne sarei capace».

Esiste ancora il «Neapolitan Power», cioè l’energia napoletana?

«Eccome no! Clementino, Rocco Hunt, Ntò, il nipote di Enzo Avitabile, che ha scritto la canzone di “Gomorra”. Solo che oggi, invece di cantare, come facevamo noi, rappano».

 

 

di Redazione Sorrisi

Il 1° SETTEMBRE ESCE IN DOPPIO VINILE “NERO A METÀ” Special Extended Edition

 

L’ LP in edizione limitata e numerata in 1.000 esemplari disponibile in occasione del concerto-evento all’Arena di Verona!

 

Cresce l’attesa per “NERO A METÀ” di PINO DANIELE, il concerto-evento sulle note dell’omonimo storico terzo album dell’artista, che il 1° SETTEMBRE sarà accompagnato sul suggestivo palco dell’ARENA DI VERONA dai musicisti della formazione originale del 1980 insieme all’orchestra sinfonica e alcuni degli amici che negli anni hanno arricchito e stimolato il suo percorso artistico: Mario Biondi, Elisa, Emma, Fiorella Mannoia e Massimo Ranieri.

All’Arena di Verona Pino Daniele porterà sul palco la band del 1980, con James Senese (sax), Gigi De Rienzo (basso), Agostino Marangolo(batteria), Ernesto Vitolo (piano e tastiere), Rosario Jermano (percussioni)e Tony Cercola (bongos), la band attuale, con Rino Zurzolo (contrabbasso),Daniele Bonaviri (chitarra classica), Elisabetta Serio (pianoforte)ed Alfredo Golino (percussioni), e 50 elementi dell’orchestra sinfonica “Roma Sinfonietta” diretta dal M° Gianluca Podio. Protagoniste saranno le canzoni più belle di Pino, da “Quanno chiove”, al brano che dichiara la sua passione di sempre, “A me me piace ‘o blues”, e le melodie che il tempo ha consegnato alla storia della musica italiana.

Uno spettacolo unico e imperdibile, ideato sulle canzoni di “Nero a Metà”, album della consacrazione per Pino Daniele, simbolo di quel sound inconfondibile, diventato suo marchio di fabbrica in Italia e all’estero, e che è ancora oggi nella classifica Rolling Stone Italia dei “100 album più belli di sempre”.

Per celebrarlo in occasione del concerto del 1° settembre, l’album,pubblicato da Universal Music Italia in una nuova edizione rimasterizzata “NERO A METÀ” Special Extended Edition, uscirà anche in DOPPIO VINILE da 180 grammi in edizione limitata e numerata in 1.000 esemplari (in vendita anche all’Arena di Verona il giorno del concerto). Il primo Lp conterrà la versione rimasterizzata dell’album originale mentre il secondo Lp conterrà i due preziosi brani inediti (“Tira A Carretta” e lo strumentale “Hotel Regina”) e i nove brani in versioni alternative e demo tratti dalle registrazioni originali, già contenuti nell’edizione in cd.

Pino Daniele: videoreportage dal nuovo tour del cantante napoletano

 

“Forza Pino, cacciacci ‘sto blues!”, l’esclamazione colorita e piena di entusiasmo di uno spettatore restituisce il senso della serata: una platea stracolma che lascia partire “applausi a scena aperta” sin dal primo brano (Terra mia), tributando il giusto onore ad uno dei grandi interpreti del blues partenopeo, Pino Daniele.

Presso la cavea dell’Auditorium Parco della Musica di Roma l’artista si è esibito nello spettacolo “Sinfonico a metà” (tutte le date del tour qui:https://pinodaniele.wordpress.com/tour/), ovvero 50 elementi della Roma Sinfonietta diretta da Gianluca Podio hanno accompagnato il bluesman in un percorso da brivido attraverso quasi 40 anni di repertorio. Immancabili al suo fianco i membri della band che lo seguono durante i tour: Rino Zurzolo (contrabbasso), Daniele Bonaviri (chitarra classica), Elisabetta Serio (pianoforte) e Alfredo Golino (batteria).
L’affetto del pubblico per Daniele è palpabile e quando dal palco partono le note dei classici che hanno contribuito a dipingere il bellissimo affresco della Napoli degli anni ‘80/’90, tutti cantano in coro ipnotizzati da questa figura semplice eppure imponente che canta il blues del Mediterraneo con la stessa intensità e lo stesso sottile dolore negli occhi dei grandi vecchi del blues americano del Delta del Mississippi (Quando, Napule è, Quanno chiove, Resta resta cu mme).

In fondo generi musicali antichi e popolari come il folk e il blues – nonostante le dovute differenze – si sviluppano in tutto il mondo occidentale attraverso gli stessi temi e le stesse movenze ritmiche: nostalgia di casa, sopraffazione, orgoglio e rinuncia, un lamento amaro antico come l’uomo (esemplari in tal senso i versi di una sua celebre canzone: “Napule è na carta sporca/ E nisciuno se ne mporta/ E ognuno aspetta a sciorta”).

Chissà cosa penserà (e proverà) Pino Daniele vendendo la “sua” città soffocata dall’immondizia, sepolta sotto i calcinacci di splendidi palazzi antichi, arsa dai fuochi ignoranti che uccidono il progresso, mentre nell’aria serpeggia più la rassegnazione che un sentimento di rivalsa.

Forse una canzone non la salverà, ma di sicuro ci ricorda quanto sia stata, e possa essere, grande.

 

Video

(Per vedere il videoreportage, vai all’articolo originale)

 

di Barbara Tomasino e Sergio Proto

Pino Daniele: «A sessant’anni posso ancora sperimentare, o no?»

 

Alla Reggia di Caserta tra archi e suoni acustici. “Quest’anno salto l’appuntamento di Natale al Palapartenope. O riprendo “Nero a metà”, vediamo come va all’Arena di Verona”

 

«È la mia prima volta davanti alla Reggia di Caserta, ed arriva subito dopo la mia prima volta al belvedere di Villa Rufolo, a Ravello. A pensarci bene, è anche la mia prima volta con un’orchestra in Campania, se si esclude qualche cosa televisiva all’auditorium Rai di Napoli ai tempi di ”Senza rete”, insomma quando Berta filava ed io muovevo i primi passi». È in forma il Pino Daniele dell’estate 2014, concentrato più che mai sul suo mestiere e desideroso di restare lontano dal gossip: «Parliamo di musiche, dai, che è meglio».

Iniziamo dal concerto casertano di questa sera, «Sinfonico a metà».
«L’orchestra, il suono degli archi, la lezione della musica classica mi attrae ormai da qualche tempo. Qui la Roma Sinfonietta diretta da Gianluca Podio si interfaccia con il mio gruppo acustico: dopo tanti anni si ritrovano il contrabbasso di Rino Zurzolo e la batteria di Alfredo Golino, più il pianoforte di Elisabetta Serio e la chitarra classica di Daniele Bonaviri».
Un’altra chitarra, classica: partiamo da questa novità?
«La sto studiando anche io, sto usando le dita sulle corde, senza plettro, sto sperimentandomi con la chitarra flamenco. Mi piace l’idea dello strumento unplugged, del microfono che restituisce il suono del legno. Band e orchestra si integrano bene e sanno tacere quando devono, mi permettono di fare cose che non ho mai fatto, privilegiando il mio repertorio più melodico e latino, ma senza rinunciare al blues, al groove, al ritmo».
Repertorio?
«Brani come ”Lazzari felici” o ”Terra mia” sono, inevitabilmente, al centro di tutto, insieme antichi e rinnovati. Ma ci sono anche episodi come ”Viento ’e terra” o ”Toledo”».
E i pezzi di «Nero a metà», capolavoro del 1980 appena tornato in una nuova versione discografica che contiene un paio di inediti, ma soprattutto versioni alternative e provini che permettono di curiosare dietro le quinte di una straordinaria stagione creativa.
«Questo non tocca a me dirlo, ma è stato divertente concedersi un amarcord di quel tipo e condividerlo con chi mi segue da sempre e con i nuovi fans, anche se oggi suoniamo quei pezzi in maniera diversa, non solo perché c’è l’orchestra».
L’1 settembre, all’Arena di Verona, «Nero a metà» meriterà di nuovo il titolo in cartellone, ma questa volta, appunto, in chiave orchestrale.
«L’Arena è quasi esaurita e questa è una bella notizia: la musica vera, senza lustrini nè mode da seguire, ha ancora apprezzatori. Rileggeremo quell’lp integralmente, e il resto del mio repertorio, con la band di allora, Senese in testa, la band di oggi, la Roma Sinfonietta, e amici come Massimo Ranieri, Fiorella Mannoia, Emma, Elisa, Mario Biondi. Piuttosto che inventare progetti senza senso, e fare musiche nuove che arriveranno a pochi vista la crisi del settore, mi concentro sul mio repertorio, provo a metterlo a fuoco: alla vigilia dei sessant’anni posso pure sperimentare ancora, o no?».
Per quella festa bisognerà aspettare il 19 marzo 2015. Prima, a proposito di feste, non dovrebbe esserci la terza edizione di «Tutta n’ata storia» al Palapartenope, tra Natale e Capodanno?
«No, mi sa che saltiamo un giro e ci vediamo direttamente alla fine del prossimo anno. Oppure, chissà, facciamo un’edizione partenopea di ”Nero a metà sinfonico”, non so ancora. Il pubblico napoletano ha risposto straordinariamente all’iniziativa, merita che tutto venga fatto con cura, che ci sia sempre qualcosa di nuovo da offrire, che in scena vada la grande cultura napoletana di ieri e di oggi».
Da napoletano della diaspora che però torna a casa ogni volta che può, che effetto fa la città raccontata sui media in questi giorni?
«Siamo passati da Gomorra e dalla Terra dei fuochi agli eroi per caso. La tragedia del tifoso ucciso a Roma da un presunto altro tifoso, la tragedia del ragazzo ucciso da una pietra caduta nella Galleria Umberto in cui pure io ho passato tanto tempo… chiamarli eroi mi sembra una maniera per dimenticare, per nascondere il loro status di vittime innocenti, per rimuovere le colpe e far finta di correre ai ripari. I vecchi proverbi popolari sono straordinari: ropp’ arrubato a Santa Chiara mettettero le porte ‘e fierro. Napoli sembra l’epicentro dei mali del mondo, ma è solo una città di frontiera, dove i tempi che stanno cambiando, come cantava Dylan, si rivelano prima che altrove».

 

di Federico Vacalebre